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"Alieno", racconto di Dr. Woland

Vicolo

Parte prima: Mercurio[]

La persona che amo abita nell’appartamento di fronte al mio. Si chiama Elena, ma tutti la chiamano Sara. Non so perché.

I suoi capelli sono di un biondo intenso, e l’ho conosciuta quando ero al liceo. Stava nella classe accanto, almeno fino al terzo anno. Poi ho cambiato sezione, così potevo dire che eravamo nello stesso gruppo. Tutti i giorni.

Adesso faccio il pescatore, un mestiere che mi ha insegnato mio padre (che adesso riposa in pace).

Mia madre invece è stata l’amore della mia vita, prima di morire. Lo è sempre stata, voglio dire, prima che conoscessi Sara.

Dicono tutti che guardo troppo i seni delle donne. O meglio, lo dicevano prima che smettessi di uscire. Specie quando ero al liceo.

Sto guardando quelli di Sara, da lontano. Li vedo oltre la scrivania, che ho messo vicino alla finestra. Riesco ad osservarli perché lei ha la luce accesa.

Io ho solo una lampada da scrivania sul tavolo. Tutto il resto è spento.

Credo siano le 16:45 circa (ma non vedo bene l’orologio, da qui).

Diario, Sara è uscita. Non so dov’è.

Sento una stretta allo stomaco. Ho bisogno di lei, che torni.

Ieri sono andato a pesca, ho preso tanti pesci. Ma non voglio più farlo. Non voglio più prendere pesci. Voglio solo guardare Sara.

Oggi è arrivato Enrico per ciò che ho pescato. Mi ha pagato tanto, ma non mi piace, non mi piace mai Enrico.

“Sai, Tommaso… Qualche volta dovresti uscire”.

Mi ha fatto un gesto che non ho capito.

Ciò che mi turba però è, soprattutto, la sua ragazza… L’ha portata qui.

È l’opposto di Sara, che è bionda, mentre questa è mora. Si chiama Sofia.

Posso giurare che mi abbia guardato strano.

Come una volpe, ma molto più grande. Sinuosa e maligna. Non come Sara.

Diario, diario! È tornata a casa la mia amata.

Credo di volerla per sempre. Ma lei non mi guarda, non mi osserva. Non mi nota.

Io la scorgo sempre, da dietro la tenda. Ma lei mai.

Quando esce a lungo vengono a mancarmi le forze. Non posso farcela a-

Un rumore. Un dannato rumore. Sono andato al piano superiore per vedere se i vicini stavano bene, perché hanno fatto un tonfo fortissimo.

Erano quasi nudi quando hanno aperto. Ansimavano. Allora sono tornato giù in fretta, tremando tutto.

Pensavo fosse tutto ok, ma poi sono ricominciati i tonfi. Ho paura.

Hanno smesso da ore.

Oggi Sara mi ha visto. Non credo si sia accorta di me, per fortuna. Ha solo sbirciato sorridendo in mia direzione attraverso la finestra. Stava passando da questo lato della strada.

Ha attraversato le strisce e se n’è andata. Credo sia entrata nel suo appartamento, adesso.

Diario, ho fatto ricerche su internet, non dovevo. Ho trovato gente che fa cose strane, e la parola “scopare”.

Sembrano due persone che si uccidono per un attimo, come faceva mia madre con me quando ero piccolo.

Non voglio più incontrare nessuno, tranne Sara. Sono sicuro che lei non voglia farmi quello che ho visto nel video o che mi faceva mamma.

C’è luce, luce forte. Mezzogiorno. Mi abbaglia.

Sono appena stato di nuovo su internet. Lì dice che Sara di cognome fa Leed, e che ha origini americane. Non me lo ricordavo.

Mi ha anche mandato l’amicizia Enrico, ma l’ho rifiutata.

Sara intanto è rincasata dal lavoro, e ho pensato fosse strano, perché non l’ho vista uscire stamattina. Con il computer ho scoperto che fa la commessa.

Enrico oggi non è venuto. Ora mi ha chiesto l’amicizia anche la sua ragazza (Sofia, quella a forma di volpe).

Ho rifiutato, è passata qualche ora, ma hanno suonato alla porta. Devo andare.

Parte seconda: Marte[]

“Tommaso…”

Sofia è sulla soglia di casa mia. Ha i capelli sciolti. I miei dubbi e preoccupazioni salgono fino a toccare il cielo notturno, per poi lasciare il posto a qualcos’altro.

Una paura più viscerale della paura. Un istinto, sì.

E il terrore. Un terrore che gela.

“...Sono qui perché da un po’ non rispondi al telefono. Volevo dirti che Enrico non è passato perché ha avuto da fare. Possiamo parlare di affari?”.

Mi strizza l’occhio. La lascio entrare.

E se…

“Lo sai cos’è successo?”, chiedo, titubante.

“...Come? Oh no, non dirmi che il pesce dell’altra volta è marcito! Enrico mi dice sempre che ti scordi di metterlo in congelatore. Senti, anche noi siamo pesci piccoli”.

Ride.

Poi, aggiunge:

“...Non possiamo darti ciò che meriti se non ci dai pesce fresco”.

Vuole uccidermi, come faceva mia madre, ne sono certo. Altrimenti non sarebbe venuta qui senza Enrico. Mi sta lanciando doppi sensi, come nei video che ho visto su internet.

“Sembri stravolto”.

Ora mi si avvicina.

“Tutto bene?”.

Senza pensarci due volte, la afferro. Lei urla forte.

“TOMMASO!”.

La scaravento a terra.

“Lasciami stare! Non voglio scopare, vattene via!”, grido.

Non si alza.

Mi accorgo che sanguina.

Parte terza: Venere[]

Ciao Diario, non ti scrivo da molto. Presto dovrò bruciarti.

I miei vicini si sono trasferiti.

Enrico si è suicidato ieri, un colpo di proiettile alla testa. Forse gli mancava Sofia.

Lei non so che fine abbia fatto.

L’ho vista sparire dalla cantina, l’ultima volta che ci sono stato.

Al suo posto qualche insetto, ma nulla più.

No, non ricordo cosa ho fatto. Non del tutto.

Ho trovato sangue nel congelatore e altre cose strane, ma non ne sono sicuro.

Comunque, non è importante.

La persona che amo abita nell’appartamento di fronte al mio. Si chiama Elena, ma tutti la chiamano Sara.

Non so perché.

Poco fa è venuta a trovarmi per farmi le condoglianze. Per Enrico, sai?

Ha detto che non trovano Sofia, e sospettano l’abbia uccisa lui per poi suicidarsi. Anche lei li conosceva, ma non quanto me.

Sara è molto simpatica. Si è offerta di portarmi al funerale e di prepararmi qualcosa. Ha detto che verrà a trovarmi spesso. Premurosa, vero?

Però sta succedendo qualcosa di strano. L’ultima volta che è stata qui, è andata in cantina.

Quando è tornata su, aveva l’anello di Sofia. Mi ha guardato in modo sospetto.

Internet dice che sto impazzendo. Chissà perché.

Spero solo che Sara non sia davvero colei che scoprirà la verità su Sofia, e quello che ho fatto. Non saprei come spiegarglielo.

Non voglio che accada di nuovo.

Ho fatto la doccia, poi ho sentito bussare.

Era sempre Sara, si è tinta i capelli di castano. Forse ha notato il mio nervosismo.

Per un po’ se n’è andata, ma ho paura.

Sta tornando.

L’ho chiamata Sofia per errore.

Le ho detto di essermi sbagliato, e lei ridacchiando ha detto: “Mi chiamo Elena, lo sai”.

Così le ho offerto del caffè, nonostante fosse sera. Lei ha accettato.

“Perché tutti ti chiamano Sara?”, ho chiesto.

Lei ha risposto, dubbiosa: “Non lo so, veramente”.

Mi è sembrata in ansia.

Poi ha aggiunto, con una risatina: “Nessuno in realtà mi ha mai chiamato Sara”.

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