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Non si conosce la data esatta in cui fu scritto l’Ordonridion, nome pervenutoci da Platone e tradotto, in seguito, come Εγχειρίδιο Ωρδονου (letteralmente “Enchiridion di Ordon” o “Manuale di Ordon”), da Zeno Logoteta, poeta bizantino del periodo Giustinianeo; la denominazione Libro di Ordon sarà utilizzata più avanti, in epoca tardomedievale, da un certo Martin Arnaud, monaco francese. Stando comunque a Platone, tale libro sarebbe stato scritto intorno al 6000 a.C. da alcuni sacerdoti della perduta civiltà di Atlantide, dopo essere entrati in contatto con una civiltà aliena:

“Quando Atlantide raggiunse infine i più elevati picchi di sviluppo sociale, scientifico e culturale, essa fu raggiunta, dunque, da un misterioso popolo giunto dalle stelle…”

Ordonrìdion

“Il loro aspetto era terribile alla vista ed in molti fuggirono terrorizzati al loro arrivo. Essi infatti sembravano mostruosi figli di Tifone o Carcino e il loro modo di parlare, vibrante e sinistro, era paragonabile al verso degli insetti notturni; tuttavia il loro sapere e la loro tecnica lasciavano intendere che appartenessero ad una civiltà assai avanzata (...) Gli alti sacerdoti Atlantidei stipularono un contratto con loro, in seguito al quale ottennero tremende conoscenze che misero per iscritto su un libro maledetto.”

“Poiché dissero di essere giunti da un pianeta chiamato Ordon, e dato che attraversavano il cielo con dei carri di metallo vivente, non trainati né da cavalli né da asini o buoi, venne deciso per loro il nome Ordonauti e così li chiameremo anche noi, mentre il libro oscuro sarà ricordato come Ordonridion.”

Esistono diverse versioni e traduzioni dell’Ordonridion, molte delle quali sono state censurate o modificate volutamente. La più antica copia conosciuta del libro risale al 700 a.C. con il titolo “Libro Nero Kusha” e si tratterebbe di una traduzione tibetana, secondo la quale il tomo originale avrebbe avuto il titolo di Hordeorition, il cui significato non sarebbe Manuale di Ordon, ma indicherebbe invece la calotta cranica dalla forma allungata degli Ordonauti.

Nel 370 a.C. invece comparve la versione greca, tradotta da Platone, con il nome attualmente in uso, il quale è tuttavia semplicemente una versione grecizzata del titolo originale atlantideo (secondo diversi studi, infatti, il filosofo greco si sarebbe limitato ad intitolare l’opera trascrivendo semplicemente la pronuncia greca del suo nome originale). Non sappiamo in che modo il filosofo greco sia venuto a conoscenza dell’Ordonrìdion, né che fine possa aver fatto il materiale su cui si è basato per la realizzazione della sua opera. Secondo alcuni ricevette le terribili rivelazioni in sogno, secondo altri fu invece un demone a dettargli le pagine andate perdute. Ad ogni modo, egli ricompose fisicamente il libro. L'Ordonridion di Platone non ebbe però il tempo di diffondersi come le altre sue opere; venne infatti bruciato da Aristotele, suo allievo, poco dopo la morte del maestro.

Tuttavia, seppur il libro completo fosse stato distrutto, gli appunti platonici sopravvissero grazie ai numerosi discepoli del filosofo greco e girarono per tutta l’epoca classica tra vari studiosi e filosofi, i quali comunque mai ammisero di esserne in possesso, non volendo essere tacciati di magia nera. Fu soltanto Lucano a tentare una traduzione in latino del testo, ma non riuscì a finirlo a causa della sua morte prematura. Diffusa è invece la diceria che vede Alessandro Magno l'unico ad essere riuscito a procurarsi una copia completa del testo platinico, probabilmente facendola ricomporre ai suoi studiosi, la quale tuttavia scomparve la stessa notte della sua morte. Sarà dunque soltanto il poeta bizantino Zeno Logoteta, nel 512 d.C., a riportare in vita il testo completo, traducendone, tuttavia, erroneamente il nome come un composto dal greco arcaico delle parole Ordon Enchiridion.

L’Ordonridion, dopo un secolo di incontrollata diffusione, venne messo al bando dall’arcivescovo Dionigi di Costantinopoli, che ordinò la distruzione del volume originale e delle varie sue copie. Ciononostante, si dice che fu proprio il testo originario di Zeno Logoteta a sopravvivere, e grazie ad esso nel X secolo a Venezia il libro proibito comparve ancora, sotto il nome di “De Oblivione Delebitur”, scritto per la prima volta in latino ad opera di un anonimo. Il libro, estremamente fedele alla precedente versione in greco, spopolò in tutta Europa nel periodo antecedente all’Anno Mille, grazie anche al suo nome che lo fece passare inosservato alla Chiesa. Malgrado il suo nome fuorviante, nel 1346 Papa Clemente VI dichiarò il De Oblivione Delebitur eretico, e lo riconobbe come traduzione dell’Ordoridion, ormai classificato come libro proibito ed inserito tra i manoscritti maggiormente ricercati dall’Inquisizione.

Per circa due secoli il nome del libro venne solamente sussurrato, ma dopo la Riforma Protestante e con l’avvento della stampa, il volume latino riprese a girare segretamente e venne pubblicato ben due volte in territorio tedesco (ciò è deducibile dall’utilizzo di caratteri gotici nei due testi stampati). Per aggirare ancora il bando della Chiesa, nel 1572, un monaco francese di nome Martin Arnaud tentò una traduzione parziale dell’opera di Zeno Logoteta a cui diede il titolo "Libro di Ordon". Secondo alcuni, questa versione dell’Ordoridion è ancora in circolazione e avrebbe fatto parte della biblioteca personale di Napoleone ed in seguito di quella di Hitler, per finire infine nelle mani dell'URSS.

Nel 1692, una copia in greco comparve a Salem, dove venne trovata in possesso di una donna giustiziata per stregoneria. Più di venti copie del libro vennero trovate e bruciate durante gli anni della Caccia alle Streghe. In epoca coloniale, comparvero varie versioni primitive del libro: in Cina, dove era conosciuto come “I Mille Cancelli di Ling” e in Arabia, sotto il nome di “Washawash” (parola che sta a indicare il sussurrio dei demoni), i quali andarono ad ogni modo ad arricchire le versioni successive dell’Ordoridion.

Risale al 1944 invece il ritrovamento del Libro Nero Kusha, ad opera di alcuni scienziati nazisti, i quali lo portarono in Germania. In seguito, con la sconfitta dei tedeschi, il manoscritto tibetano passò nelle mani di un soldato americano che lo tenette per sé fino a che, nel 1962, non venne acquistato ad un’asta da Graham Price, uno studioso che si interessò talmente tanto al libro da spendere diversi anni della sua vita nella sua traduzione e comparazione con il testo latino, per poi redigere di sua mano una versione più leggera e scevra delle parti lacunose dell’Ordoridion. Il nuovo testo avrà diverso successo, mentre l’originale tibetano passerà nelle mani del governo americano, dove si pensa sia custodito tutt’ora.

Attualmente, le versioni del libro in latino conservate in biblioteche pubbliche si trovano, una nella British Library a Londra, un’altra nella Bibliothèque Nationale in Francia e un’altra ancora nella Biblioteca Nazionale Tedesca. Invece, le copie in greco basate sulla traduzione bizantina trovano posto nella Boston Public Library e nella Biblioteca di Stato Russa. Una versione alternativa e più completa, attribuita sempre a Price, è conservata nella Biblioteca della Miskatonic Univerity ad Arkham, accanto a diversi altri libri d’occultismo, mentre si dice che il testo autentico di Zeno Logoteta sia custodito nell’Archivio Segreto del Vaticano.

Nonostante vi siano diverse versioni del l'opera, fondamentalmente l’Ordoridion è diviso in tre libri principali:

- Il primo, la Necrotheogonia o “Genealogia degli Dei Morti” (o “degli Dei Dimenticati”, a seconda dell’interpretazione), presenta al suo interno miti e descrizioni di varie entità cosmiche, tra le quali spiccano senza dubbio i cosiddetti Dei Antichi, ai quali sono dedicate numerose preghiere; seguono poi diverse formule magiche e pagine di istruzioni per vari riti di evocazione, grazie ai quali sarebbe possibile spalancare la via per il nostro mondo a terrificanti creature demoniache, nonché aprire delle fessure nel Tughandaur (i cancelli dell’oltretomba) e permettere agli spiriti di vagare sulla Terra; inoltre, si dice che nel libro fossero originariamente presenti anche dei codici di invocazione per richiamare entità superiori, come la formula per catturare l’attenzione di Sol’Pharazor, l'Occhio Folgorante dai Nove Arti, verso un determinato pianeta, o quella per visitare la corte di 'S’aghatoth', il blasfemo Signore del Sapere, e scambiare la propria anima per l’onniscienza, o, addirittura, il cantico d’esecuzione per la liberazione di Syeep’kha, al seguito di cui l'intero universo piomberebbe nel chaos.

- Il secondo, la Tartakosis, che si traduce letteralmente come “L’architettura del Tartaro” o più propriamente “L’architettura della Valle delle Ombre” (una sorta di oltretomba di cui si parla nel libro), è una raccolta illustrata di schemi e progetti per la realizzazione e costruzione di assurdi edifici, armi avanzate, come le Lampade di Kelathos o le Nubi Argentee di Iskarcove, e di sofisticati mezzi di trasporto, quali le Navi Notturne o le impossibili Porte del Cielo. Il secondo libro è il più rovinato e lacunoso, mancano numerose pagine e pressoché tutto ciò che viene descritto in esso è irrealizzabile, anche perché la geometria utilizzata nell’ambito edilizio è incomprensibile e non euclidea, mentre le procedure nella sezione armamenti richiedono materiali non conosciuti e pratiche rituali di sacrificio.

- Il terzo, infine, intitolato Apothanonta, ovvero “Le cose morte” o forse “Le cose scomparse”, tratta di biologia e astronomia aliena. La seconda traduzione proposta sembra, ad ogni modo, essere la più appropriata, mentre la prima assume significato solamente se si guardano le illustrazioni all’interno di questo capitolo, le quali raffigurano distintamente esseri morti o morenti. All'interno di questo libro sono descritte e rappresentate numerose creature e vegetazioni extraterrestri, con particolare attenzione per l’antico popolo di Ordon, i criptici abitanti del pianeta Scethus, le sette sorelle di Q’rmiä ed i Vermi di Mallock, discendenti del dio S’aghatoth. Inoltre vi sono ampie sezioni dedicate a pianeti sconosciuti, stelle ignote e lontane galassie; tra queste ultime pagine spiccano di sicuro Iskarcove, con le sue basse lune nere, Yha’grath, dalle sue città impossibili e, naturalmente, Ordon, il pianeta vivente. Diversi scienziati e studiosi hanno provato a riconoscere i sinistri mondi o identificare sistemi e costellazioni, ma, complice anche la lacunosità e le discordanti traduzioni del testo, i risultati sono sempre stati negativi. C’è tuttavia chi ritiene che alcuni pianeti, come Iskarcove e Scethus si trovino nel Braccio di Perseo, mentre sembra probabile che Ordon faccia parte della Cintura di Orione. Secondo alcuni, inoltre, e specialmente tra i vari cultisti, gira voce che nei pressi della costellazione del Cigno si troverebbe nientemeno che il sentiero per la corte di Sol’Pharazor.

L'Ordonridion è stato posto all’indice da tutte le religioni del mondo ed è, ad ogni modo, ancora difficile ottenere il permesso di consultazione del libro in biblioteca, mentre è impossibile trasportarlo in sede privata per un eventuale studio. Si dice che la completa lettura del testo provochi follia, a causa della portata delle sue rivelazioni, e che determini terribili conseguenze. Molte storie girano attorno a Zeno Logoteta: si narra che il poeta bizantino un giorno abbandonò la città in preda ad un'apparente attacco di pazzia e che corse tra le montagne, ivi fu ritrovato, la sera stessa, semi disciolto e ricoperto da chiazze dorate. Degli altri autori si racconta che entrarono in contatto con entità aliene e demoni fuori da ogni concezione, come Martin Arnaud, il quale morì per autocombustione durante un rituale di evocazione, o lo stesso Price, che si suicidò appendendosi ad una corda dopo aver lasciato scritto su un biglietto «I sussurrii notturni mi hanno costretto a farlo». Per quanto riguarda Platone, alcuni osano pensare che vendette la sua anima a 'S’aghatoth' in cambio della conoscenza, ma che questi lo ingannò e lo uccise durante la notte, divorandogli il cervello nel sonno. Di tanto in tanto qualche copia gira da collezionista a collezionista, o compare una nuova traduzione rimaneggiata in alcune biblioteche private. L'Ordonridion è molto famoso tra i vari praticanti e studiosi dell’occulto e viene considerato tra i maggiori grimori accanto a La Chiave di Salomone o Il Dragone Rosso

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