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Paziente


Apro gli occhi. Non riesco a vedere nulla: la luce è troppo forte; la testa continua a girare e mi fa male, non riesco bene a pensare. Mi sento come se avessi i postumi di una sbornia, ma non ricordo di aver bevuto. Cerco di concentrarmi e l’ultima cosa che rammento è di essere uscito di palestra diretto al parcheggio sotterraneo.

Mi guardo attorno. Sono disteso su un tavolo di metallo in una sorta di cella, sopra di me c’è un grande faro e le pareti sono completamente spoglie. L’odore è di chiuso e di umido, ma a parte questo non c’è nient’altro. Mi metto a sedere di scatto, ma ricasco subito giù con un forte dolore alla testa e un senso di nausea crescente. "Calmati, tigre". Penso portandomi le mani a coprirmi la faccia. Sento che ho qualcosa sul braccio appena lo piego. Guardo e vedo una sorta di elettrodo cucito subito sotto il gomito destro.

«Cazzo!» impreco toccandolo con le dita per vedere se è possibile rimuoverlo, ma non sembra ci sia modo di toglierlo senza strapparmi via mezzo braccio.

Lentamente riesco a mettermi a sedere e poi in piedi. «Chi sei?» urlo all’unica porta che vedo «Fatti vedere codardo e affrontami da uomo!» Devo trovare un modo per scappare e mi avvicino all’ingresso per vedere con cosa ho a che fare. Non c’è nessuna serratura o maniglia, probabilmente si apre solo elettronicamente.

«Fatti vedere!» urlo di nuovo senza alcun risultato.

Mi accosto al tavolo operatorio e, prendendo tutta la rincorsa che mi permette il diametro della cella, carico contro la porta, ma non succede assolutamente nulla. Passano lenti i minuti e non accade niente.

«Ti prego, lasciami andare, non dirò nulla a nessuno.» Ancora silenzio.

Poi improvvisamente il faro si spegne. Sento subito un brivido lungo la spina dorsale e il respiro mi si mozza. Sono completamente intirizzito e non riesco a pensare lucidamente. «Riaccendi questa cazzo di luce!» Grido con tutto il fiato che ho in gola. «Riaccendila ora!»

Sento dei movimenti nel buio. Qualcosa è lì con me. Potrebbe essere qualsiasi cosa, non posso saperlo senza la luce. Non posso difendermi se non posso vedere.

«Accendi la luce. Ti prego!»

Gli occhi mi bruciano e inizio a piangere. Continuo ad avere i brividi e mi volto a destra e a sinistra pronto ad affrontare qualunque cosa debba fronteggiare, ma non vedo nulla. Vorrei iniziare a gridare, ma non riesco più a emettere alcun suono.

Lentamente mi avvicino ad un angolo e mi siedo portandomi le gambe al petto, mi abbraccio le ginocchia e inizio a dondolare cercando di respirare profondamente. Alle medie, quando Mattew McKlay mi aveva rinchiuso nel locale caldaie, mi prese un attacco di panico e svenni; non voglio ripetere l’esperienza e provo a calmarmi un poco.

Improvvisamente come se ne era andata, la luce si riaccende. Non riesco a respirare normalmente a causa dei singhiozzi e dei tremori. La stanza sembra normale, non c’è nessun altro oltre a me.

«Perché mi stai facendo questo?» chiedo quando riesco a smettere un po’di piangere. Nessuna risposta e io mi rimetto a sedere abbracciandomi le ginocchia e dondolandomi sul posto.

Passano lentissimi i minuti.

Ad un certo punto mi accorgo che la luce è diminuita di intensità. «No ti prego. Non farlo, ti imploro!» piagnucolo. Non posso sopportare ancora una volta tutto. Sento la paura che mi ricolma e non posso trattenermi da urlare per il nervoso. «Non puoi farmi questo! Non ancora! Ti prego non farlo.»

Il respiro si fa molto veloce e mi si annebbia la vista, la testa mi gira e ho un sapore amaro in bocca.

La luce si spegne e il buio regna sovrano. Lancio un grido disperato e mi lancio contro la porta. Non riesco a respirare. Batto contro la parete liscia finché non sento un dolore alla spalla sinistra. Devo essermi fatto male sbattendo, ma devo uscire di lì. Il dolore si fa più intenso, improvvisamente sento che non riesco più a reggermi in piedi e cado sul freddo pavimento della cella.

Da solo, al buio.


Dottore


Fobia: dal greco φόβος, phóbos, "panico, paura”.

Diario di laboratorio. Dr. Anton Fletcher, 13 Aprile 2015. 13.45. Esperimento controllato n° 01. Cavia #00001M Soggetto maschio, anni ventiquattro, nessuna malattia o condizione clinica instabile. Anamnesi perfetta. Fobia: Acluofobia acuta Condizioni iniziali: Pressione: 140 su 90 Bpm: 92 Livello ACTH 60 pg/ml

Il soggetto è stato reperito mentre stava tornando in macchina dopo essere stato in palestra. Iniettato 50 ml di Propofol e condotto nella sala del trattamento.

  1. 00001M si è svegliato alle 15.25 disteso sul tavolo operatorio, si è accorto subito dell’elettrodo che gli è stato cucito sull’avambraccio destro, ma ha capito che non può rimuoverlo senza ferirsi. Nella stanza c’è una forte fonte di luce ubicata sopra di lui.

Inizialmente ha utilizzato toni di voce forti e atteggiamenti minacciosi da maschio alfa, ha provato a sfondare la porta, ma dopo 5 minuti ha cominciato a presentare un comportamento più remissivo.

Scopo dell’esperimento: studiare il comportamento di un essere umano in un ambiente controllato quando deve affrontare una sua fobia.

Svolgimento dell’esperimento: nel caso di #00001M lo svolgimento prevede quattro fasi. 1) Introduzione all’ambiente; disorientato, il soggetto si acclimata all’ambiente creato. 2) Induzione del buio improvviso; improvvisa cessazione della fonte di luce e studio del comportamento. 3) Ricreazione di ambiente; accensione delle luci e studio. 4) Coscienza del buio; graduale spegnimento della luce e studio.

Fase 1) completata. Inizio fase 2).

Il soggetto ha subito cominciato a gridare e a piangere. Ancora una volta inizialmente ha mantenuto un tono minaccioso, ma dopo pochi minuti è diventato supplichevole. Comparsa di comportamenti infantili. Passati 6 minuti dall’inizio della fase 2) #00001M si è rifugiato in un angolo e si è accovacciato abbracciandosi le ginocchia; continua a piangere e implorare di riaccendere la luce. I segnali vitali registrati dall’elettrodo rivelano un picco della pressione arteriosa (190 su 110) ed un aumento dei battiti cardiaci fino a 124 bpm con un incremento della concentrazione dell’ormone ACTH fino a 85 pg/ml

Fase 2) completata. Inizio fase 3).

Appena si è accesa la luce il soggetto si è guardato attorno come disorientato. I battiti hanno iniziato a scendere e anche la pressione si è normalizzata nel giro di cinque minuti. Ancora #00001M sta piangendo, ma in maniera molto più limitata. Cerca un contatto con me, chiede il perché di tutto questo.

Fase 3) completata. Inizio fase 4).

La luce ha iniziato ad affievolirsi e il soggetto se ne è accorto immediatamente. I battiti hanno cominciato a rialzarsi come la pressione. La reazione che compare inizialmente è molto remissiva. Subito dopo compare l’isteria con tutte le avvisaglie di un attacco di panico. Quando la luce è prossima a spegnersi il soggetto è a un livello di stress molto alto: Pressione: 200 su 110n Bpm: 132 Livello ACTH 90 pg/ml

L’attacco di panico sta facendo insorgere difficoltà respiratorie.

  1. 00001M ha iniziato a urlare appena la luce si è totalmente spenta.

La pressione è aumentata ancora. Il cuore ha subito un arresto ed il soggetto è andato in asistolia. #00001M è deceduto alle 16.45 del 13 Aprile 2015.

Conclusione:

  1. 00001M ha dimostrato che un soggetto giovane e in salute può raggiungere l’infarto se posto sotto stress a causa della sua fobia. La causa principale è l’aumento della pressione arteriosa e dei battiti cardiaci.

Dr. Anton Fletcher 13 Aprile 2015.

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