Immobile. Sei legato e imbavagliato. Non puoi parlare né muoverti. Il letto sul quale ti trovi si sposta, mosso da quattro persone. Ti aspetta il futuro. Urli con tutta la tua voce, ma nessuno può sentirti. I tuoi occhi si iniettano di sangue, mentre l'ago entra in profondità nella tua pelle. Perdi conoscenza. Successe due anni fa, quando ancora il mondo era un posto vivibile. Il futuro. Ti congelarono, in attesa del futuro. Non era questo il futuro che volevi: libertà, felicità e opportunità per tutti. Quello che hai ottenuto invece è una profonda tristezza, oppressione e schiavitù. Quelle bestie controllano il mondo ora, come dicevano quelle trasmissioni ciarlatane tempo fa…avresti dovuto ascoltarle, forse?
Con crudeltà assoluta, l’uomo viene costretto ai lavori più umili, faticosi e pericolosi. Molti muoiono. Si servono delle macchine per mantenere l'ordine. Il cielo è grigio, poiché loro non sopportano la luce; Hanno fatto in modo che venisse oscurato completamente. L'aria all'aperto è quasi completamente irrespirabile. Quelle bestie orribili controllano che gli umani facciano il loro lavoro e puniscono aspramente chiunque dia segno di inattività. Nulla ti è concesso. Sei solo un numero. Ignorato dagli altri esseri viventi. Non più umani, ma solo viventi. Sei come inesistente per loro. Hanno tutti la stessa espressione, un misto di rabbia e ignoranza. Gli hanno fatto qualcosa, prima di essere congelati. Sono tutti impazziti. Eppure con te non ha funzionato. Tu riesci a vederli, riesci ancora a parlare…ma non comprendi il perché.
Un rumore assordante ti sveglia. È tempo di muoversi. Apri la porta dell'orrenda stamberga in cui vivi, immerso nella sporcizia. Dai un'occhiata fuori. Le loro macchine sputano fumo nero ovunque, appesantendo l'aria. Il sole ormai non si vede più, una nebbia verde/nero si propaga continuamente. Tossisci, sputando per terra con violenza.
"Lavoro è libertà. La fatica purifica l'animo!" La cantilena ripetuta ogni giorno, instancabilmente, da quelle macchine. Sempre attente. Perennemente vigili, instancabili. Ti stai avvicinando all'entrata, barcollando. Gli occhi delle bestie fissi su di te. Apri il portone con riluttanza, trattieni le lacrime che ti scendono alla vista dello spettacolo a cui assisti quotidianamente. Grida di agonia ti accolgono.
Una fabbrica di dolore. Acute, il loro eco si propaga per l'enormitá dell'edificio. Non riesci a sopportarlo, eppure ci convivi ogni giorno. Come un lancio di dadi, le tue possibilità sono due. Vittoria o sconfitta. "Vita" o morte.
Questa non è vita.
Per un attimo ti chiedi se morire per non aver fatto il proprio lavoro possa essere meglio. Quante persone hai visto essere torturate dalle loro macchine? Lacrime e sangue sul pavimento, proprio sotto i tuoi occhi. Un uomo viene condotto fuori, in uno stato pietoso. Le poche lacrime che scendono dal suo corpo scheletrico si mischiano al fango immondo nella quale affondano le gambe delle bestie a guardia dell'entrata. L'uomo implora pietà, mentre loro lo portano fuori con forza e uno sguardo crudele negli occhi.
Ti giri. L'uomo blatera qualcosa sulla sua famiglia, sua figlia che ama tanto ed altre cose inutili. L'ultima cosa che vedi è il ghigno di una di quelle bestie. Finisce sempre così. Sai che prima o poi toccherà anche a te.
L’uomo di fianco a te ha qualcosa di strano negli occhi.
E’ il suo turno, ma vuole fare qualcosa. Mentre la bestia gli passa davanti, tira fuori un’arma e prova ad attaccare il suo padrone, digrignando i denti. La macchina si volta di scatto in un modo inusuale e con un unico, forte strattone… Ha preso il braccio dell’uomo. Urla, i suoi occhi fissano la ferita, spalancati. Il suo sangue sgorga. Ti giri nuovamente, non puoi assistere a quello spettacolo.
Il tuo lavoro consiste nel riparare la corazza delle loro macchine, che non sembrano degnarti di uno sguardo. Come tutti, del resto. Il sudore imperla la tua fronte mentre il tuo respiro si fa pesante. Il dolore alle braccia che provi ogni giorno è indescrivibile, ma te lo porti avanti da tempo.
Perdi il conto del tempo. Potresti stare lavorando da ore, forse giorni, settimane. Ma ora puoi tornare a casa.
Ti avvii verso l'uscita e osservi il buio nella sua definizione. Il cielo, la strada, ogni cosa è nera come la pece.
Nel cammino verso casa, il sapore metallico del tuo stesso sangue rimane nella tua bocca. Non sai quanto tempo ti resta ancora. Le grida riecheggiano nella tua testa. Il dolore alle braccia si fa più forte.
Cadi a terra.
Ti risvegli, tossendo.
La luce offuscata del mattino ti accoglie. Hai passato la notte in mezzo agli scarafaggi che nuotano nella fanghiglia.
Senti delle risate intorno a te, ma non capisci da dove provengano. "Sei solo un numero" ti ripeti.
Un acuto allarme, diverso dal solito, preannuncia un'adunata. Non ti piace quando fanno così, sembra che vogliano acuire la tua inutilità con quei discorsi nauseanti. La massa informe e mugugnante degli altri si muove barcollando ad occhi socchiusi verso il palco dalla quale uno di loro vuole parlare.
"Bentornati. Come ben sapete, il lavoro è purezza. E la purezza è semplicità. Pensate forse di non essere trattati in modo adeguato? Credete forse che chi è meglio di voi non sia comunque dalla vostra parte? Perché aspirate a fare qualcosa di diverso? La fatica e il dolore temprano le vostre luride membra. Il sangue che sputate davanti ai nostri piedi alimenta la terra sulla quale poggeranno i figli dell'avvenire. Ma suvvia, siate ragionevoli. Chi desidera tutte quelle responsabilità? Chi vuole occupare un posto più in alto, solo per cadere più facilmente? Un ratto posto in cima ad una montagna d'avorio, non ha forse più possibilità di schiantarsi al suolo? I ratti vivono nelle fogne, e ne sono felici. Paragonatevi ai ratti! Solerti animali dediti alla sopravvivenza e al bene comune! Chi di voi desidera vivere? Cos'è la vita se non un inutile spreco di energie che potrebbero servire a chi ne ha già? Ricordate che per voi, donare è l'unica risorsa. Per questo il vostro obiettivo è sopravvivere e lasciare a noi le preoccupazioni del vivere! Ora quindi è tempo di tornare al lavoro, sporchi ratti. Siate felici della vostra sorte, perché mai avrete occasione di cambiarla. Sopravvivete e strisciate nella vostra felice inutilità. Godetevi la luce del dolore! O forse fra di voi si trova qualcuno desideroso di vivere?"
Nel pronunciare l'ultima parola la bestia dallo sguardo freddo digrigna i denti e mostra uno sguardo carico di fierezza. Lampi d'odio passano per la tua iride.
Tu vuoi vivere. Sai cos'è vita. E di certo non quello.
"Io." Con tono piatto, calmo e timoroso pronunci la parola che ti dannerà in eterno. La bestia si gira verso di te con un ghigno malefico disegnato sul volto, scendendo dal palco con fredda calma.
Intorno a te si apre un varco per permettere ad essa di passare.
È davanti a te, ti fissa con sguardo crudele e volto marmoreo. I tuoi occhi sono allineati ai suoi per un attimo, ma cominciano ad iniettarsi di sangue scuro. Guardandoti, ti fa comprendere quello che sei.
Un numero.
Crolli a terra mettendoti le mani agli occhi, in posizione fetale. Digrigni i denti con violenza fino a mordere le tue stesse guance. In agonia, tutti i tuoi pensieri si accavallano, la tua mente è devastata. Il dolore alle tempie fa pulsare il sangue che ingrossa le vene della zona cranica. L'oscurità prende possesso della tua vista.
Ti trovi in un lurido stanzìno dalle pareti scrostate, armadietti di metallo arrugginiti dietro di te. Non riesci ad aprire gli occhi, ma in qualche modo comprendi che uno di loro è davanti a te. Ora non sei più un numero.
Vuole rivolgerti la parola. Con freddezza lo senti.
"Via. Ora." Ti blocchi, i tuoi pensieri all'improvviso si ricompongono. Qualcosa ti spinge fuori, vieni scagliato per terra mentre un lieve sorriso increspa le tue labbra. L'aria pesante diventa aria di libertà. Hai gli occhi ancora chiusi.
Con uno scatto, li riapri. Alzi lentamente lo sguardo dalla lurida pozzanghera davanti alla tua faccia e a pieni polmoni inspiri la tossica aria dell'esterno. La tua mente si libera, per il primo istante di lucidità della tua vita. E comprendi.
Attraverso gli occhi privi di filtri della tua follia, sei riuscito a comprendere la verità attraverso le menzogne. A vedere il mondo del futuro così com'è, illuminando con la luce fittizia dei tuoi pensieri sconnessi. Hai colto tra i sibili le vere parole della serpe che parlava in pubblico. Hai visto il vero aspetto delle cose rompendo gli specchi che separavano la tua mente malata dalla realtá.
Finalmente, riesci a comprendere. Loro sono esattamente come te, ma non lo danno a vedere. L'uomo nel suo reale senso non esiste più. Schiacciato dalle sue stesse creazioni e ora da esse dipendente ha perso il vero significato di vita e si limita a sopravvivere. L'ambizione e l'inutile sete di ciò che non si può bere lacera lentamente la mente della massa, corrompendo, se non spezzando, l'anima degli umani ora tramutati in bestie da soma.
Mentre l'aria stantia attraversa i tuoi ventricoli, un lieve sorriso di felicità mista ad amarezza increspa le tue labbra, per aver finalmente compreso il reale stato delle cose. Non sei mai stato congelato. Non esiste nessun'altra bestia all'infuori dell'essere umano.
Mentre i tuoi occhi cominciano a socchiudersi, riesci a vedere il cartello che per tanti giorni ha accompagnato le tue mattine.
Stabilimento di montaggio Henry Ford. 2013.
Il futuro è già qui.