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È il 3 settembre del 1985 a Rothertham, un paesino dello Yorkshire, nel regno Unito. May Hall, una casalinga di mezz’età, sta facendo bollire dell’acqua su un pentolino. Suo marito Roy sarà a casa fra poco, stanco e affamato. Un tintinnare di chiavi annuncia a May il ritorno di Roy. La donna si precipita a dargli il benvenuto all’ingresso, e per qualche minuto dimentica che in cucina il fuoco è acceso. All’improvviso uno strano odore di bruciato pervade la casa. La cucina sta andando a fuoco! In breve tutto il piano superiore è invaso dalle fiamme.

È solo alcune ore più tardi, rovistando fra le macerie roventi, che i vigili del fuoco fanno un’inquietante scoperta: fra la cenere e i tizzoni ancora ardenti, qualcosa di immacolato sembra emergere.

Peter Hall, comandante della squadra, impallidisce alla vista dell’oggetto che i suoi uomini reggono tra le mani. Si tratta di un quadro, una di quelle riproduzioni di poco valore, che le famiglie della classe medio-bassa amano appendere ai muri delle loro villette "qualunque" per farle sembrare meno miserabili.

Anche se la mano del pittore sembra senza dubbio talentuosa, il soggetto è decisamente di dubbio gusto: un bambino, all’apparenza tra i quattro e i sei anni, piange calde lacrime con un’espressione di sofferenza sul volto. Ma per quanto inquietante sia il soggetto, non è l’espressione del bambino a sconvolgere Hall.

È il fatto che quanto è accaduto quel giorno è solo l’ultimo di una serie di incendi che hanno come protagonista quel quadro. Gli sfortunati coniugi ne avevano acquistata una copia da un rigattiere, alla cifra ridicola di un paio di sterline.

Come loro, così molte altre coppie della contea ne avevano una copia in casa. E puntualmente, secondo la testimonianza del vigile del fuoco, un incendio distruggeva l’abitazione, pur finendo, il quadro, per essere recuperato intatto dalla scena del disastro.

Il giorno dopo la notizia appare sul Sun, tabloid scandalistico diffuso in tutto il Regno Unito. La redazione è sommersa dalle telefonate: sembra che in tutto il paese il quadro sia implicato in numerosi incidenti analoghi.

Isteria di massa? Potrebbe essere, pensano i redattori del Sun. Al giornale arrivano le testimonianze più assurde: c'è addirittura chi giura di aver tentato di bruciare il quadro per liberarsi della maledizione, ma senza riuscirvi.

A questo punto, per il quotidiano, la faccenda diventa una specie di crociata verso le forze del male.

"Avete in casa un quadro con un bambino che piange? Dovete liberarvene! È maledetto!" titola a tutta pagina il tabloid. La redazione cerca anche di investigare sulle origini del dipinto, e quello che si scopre fa correre più di un brivido lungo la schiena dei giornalisti.

Il quadro è opera di un tale Bruno Amadio, veneziano, nato nel 1911. Pur dotato di un talento non comune, non ha successo in patria, e si trasferisce in spagna, dove passa il resto della sua vita. Sotto il nome d’arte di Giovanni Bragolin, dipinge non uno, ma una serie di quadri con lo stesso soggetto: bambini in lacrime.

Ed è a questo punto che la storia sconfina nella leggenda.

Una versione della storia dice che, stanco di non riuscire a vendere le sue opere, Amadio avesse fatto un patto col diavolo, permettendogli di seminare morte e distruzione tramite i suoi quadri in cambio di una fulgida carriera di pittore.

Altri sostengono che Amadio, per ottenere il massimo realismo dai suoi quadri, maltrattasse dei piccoli orfani fino a indurli al pianto, per poi usarli come modelli. Pare che l’orfanotrofio che li ospitava sia poi stato divorato dalle fiamme, al costo della vita dei piccoli.

Un’ultima versione invece sostiene che il modello principale di Amadio fosse stato un orfano soprannominato "El Diablo" (letteralmente il Diavolo) dai suoi amici, a causa della sua innata cattiveria, e che sia proprio lo spirito di quel bambino a essere stato imprigionato in quella tela.

Ce n’è di che non dormire la notte.

Il Sun chiede a tutti i suoi lettori di spedire alla redazione le copie del quadro maledetto ancora presenti nelle loro case, e organizza uno spettacolare autodafé, in cui tutte le copie arrivate vengono carbonizzate.La piro-manifestazione viene ampiamente documentata, e le famiglie britanniche, libere dall'inquietante minaccia dei quadri, riprendono la loro tranquilla vita di tutti i giorni.

Ma come è possibile un fenomeno del genere?

Innanzitutto è necessario analizzare la validità delle fonti. Il Sun non è certo un esempio di affidabilità: nel corso della sua esistenza, più di una volta è stato smascherato nell’elaborazione di complicate bufale e montature, architettate allo scopo di vendere il più possibile. E le telefonate alla redazione? Bisogna innanzitutto pensare che non esiste un’indicazione su quante siano state queste telefonate, e quante di queste fossero effettivamente sincere. Inoltre, il ritrovamento di oggetti intonsi dopo un incendio non è di certo una rarità: soprattutto nel caso di quadri.

Infatti durante un incendio questi tendono a cadere a faccia in giù, proteggendo quindi l’immagine contro il pavimento, dove la temperatura della stanza rimane più bassa.

Ma la smentita della pericolosità di questi quadri l’abbiamo dalle centinaia di persone che ancora possiedono una riproduzione di uno di questi quadri, le cui case sono ancora in piedi.

Concludendo, questi cosiddetti "quadri maledetti" sono un perfetto esempio di come sia facile creare una perfetta leggenda metropolitana:


Molto più difficile, per contro, è dimostrarne l’inesistenza.

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