Creepypasta Italia Wiki
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<<Allora… da dove cominciamo?>> Chiesi.

<< Direi dal nostro inizio… >> Replicò il parassita.

<< Uff, d’accordo… >> Ribattei con un velo di tristezza, forse nostalgia di una tranquillità e semplicità che davo per scontato e che ora non riavrò più.

Era una giornata come un’altra quando arrivasti nella mia vita, maledirò per sempre me stesso per aver aiutato quel maledetto vecchio, ma chi poteva immaginare tutto questo.

Sin da piccolo sono sempre stato attirato dalla storia e da ciò che le persone,che ormai avevano raggiunto la vecchiaia, potevano raccontare, non so il motivo, ma ho sempre notato come una persona ormai vicina al suo trapasso, mutasse in una fonte di saggezza che in vita magari non era mai stata.

Per questa ragione era impossibile che io non cadessi in una trappola simile. Un giorno, del tutto anonimo e non diverso da altri 1000, di ritorno da scuola, un vecchio dinnanzi a me collassò in mezzo alla strada, lo riconobbi subito, era l’anziano che abitava da solo alla fine della mia via, che ogni tanto andavo a visitare per le tantissime storie che aveva da raccontare e le tante curiosità sulla storia, era un uomo pieno di cultura e ogni sua storia era interessante e diversificata, sembrava quasi che avesse vissuto 1000 vite. In un certo senso lo invidiavo, il mio percorso di vita per quanto imprevedibile è già scritto, c’è poco spazio per le sorprese, mi laureerò in giurisprudenza ed erediterò lo studio di mia madre, che tanto ha faticato per ottenere… non lascerò mai questa dannata città noiosa e grigia.

Alla vista di quell'anziano a terra si ruppe il mio stato di routine mentale, tipico di chi conduce una vita dettata dalla ripetitività quotidiana come la mia e andai a prestare immediatamente un primo soccorso al vecchio. Il mio primo pensiero fu quello di sollevarlo e spostarlo il prima possibile su di un marciapiede prima di chiamare i soccorsi, per evitare magari che il passaggio di un automobilista distratto lo travolgesse, era una strada secondaria ma era meglio non rischiare.


Quando mi avvicinai all'uomo, non feci in tempo a prenderlo che questi d’improvviso sbarrò gli occhi e con uno scatto mi prese con entrambe le mani la testa dalle tempie e avvicinò il suo volto a pochi millimetri dal mio; a quel punto non pensai più, la scena era talmente surreale che non avevo idea di come avrei dovuto reagire, gli occhi di quel uomo però… mi guardavano con un’intensità che non avevo mai visto, ero quasi ipnotizzato dal suo sguardo e non feci nulla per liberarmi dalla sua presa. Sentii dentro di me una sensazione di intrusione ed un dolore alle tempie e dietro gli occhi, la mia vista si offuscava sempre più mentre l’uomo continuava imperterrito a tenermi il volto con una stretta dalla forza sovrumana. In tutto questo un giovane intento a fare una diretta su di un social mentre era alla guida non notò la nostra presenza in tempo e ci investì con la sua vettura. Percepii il forte impatto della macchina e persi immediatamente i sensi.


Mi svegliai diversi giorni dopo in un letto di ospedale, sentivo come se la mia testa dovesse esplodere. I dottori mi dissero che l’auto non andava ad una velocità molto elevata, tanto che l’impatto sembra avermi causato solo qualche contusione non troppo grave e a detta dei medici non c’erano segni per emorragia interna, riferii ai dottori della forte emicrania, ma mi tranquillizzarono subito, affermando che dagli esami risultava una lievissima commozione che non rappresentava pericolo poiché già stata monitorata nei giorni in cui non ero cosciente; chiesi infine del vecchio signore che era con me; mi basto leggere la loro espressione per capire che per lui l’incidente risultò fatale, a differenza mia. Tornai a casa accompagnato da mia madre che pareva piuttosto distaccata, anzi persino infastidita di aver perso tempo in questo modo.

Una volta a casa infatti tornò immediatamente al suo lavoro senza neanche accertarsi che stessi realmente bene. Il dolore alla testa si fece sempre più intenso, tanto da dubitare delle capacità dei medici che mi hanno monitorato. Presi degli antidolorifici anche se mi era stato sconsigliato e provai a chiudere gli occhi e a riposare. Ci volle diverso tempo prima che il dolore fosse affievolito e di iniziare a rilassarmi. Proprio mentre stavo per assopirmi vengo assalito da delle sensazioni di confusione, smarrimento, paura e fame. Mi sembrava tutto così bizzarro ma non feci nulla a riguardo, non so per quale motivo ma ebbi la sicurezza che tutto ciò non era causato da un danno celebrale.

Una volta che il farmaco fece effetto avvertii un dolore molto più lieve mi assopii.

Iniziai a fare dei sogni ben diversi da quelli che faccio di solito, nulla di particolare o stravagante eh, semplicemente delle immagini che non sentivo mie ma che mi apparivano come quotidiane. Mi svegliai d’improvviso, era notte fonda e la mia stanza era immersa nelle tenebre. Restai sdraiato a pancia in su nel mio letto per svariati minuti quando ad un certo punto iniziai a vagare con la mente, ma il flusso di pensieri continuava ad apparirmi estraneo, non capivo perché invece dei soliti schemi mentali sul cosa fare o non fare nelle prossime settimane, stessi pensando ad andare in banca… io, in banca? Oppure di quanto mi spaventasse l’idea di andare in guerra… in guerra, io? Tutti questi pensieri vagavano per la mia mente senza che potessi farci nulla, sembravano così estranei; che sia diventato matto?

<<Lasciati andare.>> Sentii sussurrare.

<<CHI SEI???>> Urlai.

<<Ehi amico, non urlare, i vicini stanno dormendo, potrebbero pensare che tu sia pazzo.>>

<<Che diavolo succede? Sto seriamente diventando pazzo? Analizziamo la cosa con calma, forse è semplicemente suggestione… sì, sicuramente quel mal di testa non era nulla e sto semplicemente fingendo che questo sia un effetto collaterale… deve essere così, devo solo realizzarlo e la voce scomparirà… >> pensai.

<<E invece sono rimasto ancora qui.>> Disse la voce come per prendermi in giro. Dovevo solo ignorarla, stavo solo immaginando tutto quello. <<Ehi ragazzino, perché fai tanta resistenza? Cosa c’è di difficile da accettare?>>


<< MALEDIZIONE FA SILENZIO!>> Urlai.

Mi colpii in faccia con un pugno per qualche ragione, ma… il movimento non era volontario. Non sono mai arrivato a colpirmi da solo in momenti di rabbia, l’intensità del colpo si era fatta sentire, stavo sanguinando dal labbro.

<<Ho detto che non devi urlare capitò?!>> Mi intimò la voce, che ad ogni parola pareva divenisse sempre più chiara.

<<CHI CAZZO SEI T…>> Mi diedi un altro pugno, in pancia questa volta, non ero preparato, caddi per terra in preda al dolore.

<<Hai capito chi comanda qui ora?>> sembrava volesse prendermi in giro <<Chi sei tu …>> Chiesi ancora dolorante.

<<Bella domanda, questo non lo so, so solo che ho fame, e tu sei la mia preda.>>

<<Ma cosa stai dicendo …>> Risposi.

<<Adesso che mi ci fai riflettere però…>>

Frammenti di ricordi mi attraversarono la mente, vidi la vita di un uomo, un uomo che conduceva una vita noiosa e senza scopo, un solitario impiegato di banca che ha sempre svolto il suo lavoro e che non ha mai dato nell'occhio fino ad arrivare all'anzianità e rimanere solo, prima ancora un soldato combattere una guerra che non sente sua, costretto da un regime al quale non può disobbedire, vedo la vita di un’intellettuale maledetto insoddisfatto della vita e compensava la sua insofferenza abusando di alcool e droghe in uso secoli fa. Vedo noia e dolore in questi ricordi, vedo tedio, la volontà di qualcosa di più trascendentale; e ora vedo… un essere senza corpo, senza mente, il suo scopo è solo il bisogno di nutrirsi di vite altrui, sempre è esistito e sempre esisterà, e ora vuole nutrirsi di me, lo percepisco. Iniziai a vedere la scena di quando fui investito; dalla prospettiva del vecchio questa volta, e riuscivo a percepire i suoi pensieri… non era lì a caso, conosceva la mia routine, voleva ME.

Agostino Arrivabene, Coninctio (diptico), 2016-2017, olio su legno, cm 60x50

<<Non permetterò che si impadronisca di me NO NO NO!>>

<<Wow che noia, grazie alla sorte ho la possibilità di ricominciare da capo, fatti da parte ragazzo.>>

<<NON TE LO PERMETTER…>> Mi infersi un altro colpo, ancora più forte, in petto questa volta. Sentii un verme strisciare nel mio cervello e ogni suo piccolo movimento mi provocava un dolore fortissimo alle testa.

<<NON POSSO PERMETTERE CHE MI FACCIA SCOMPARIRE, VOGLIO VIVERE, VOGLIO VIVERE, DEVO VIVERE! Devo esistere!>> Iniziai a sbattere la testa più forte che potevo contro il muro, sempre più forte, vidi del sangue uscire, percepii che il viscido essere insinuatosi nella mia testa iniziò a provare paura.

<<Bene … >> Pensai. <<Devo continuare allora>>.

Dopo qualche altro colpo persi l’equilibrio, sentii un ronzio acuto e vomito, ebbi le vertigini e non riuscii più a fare nulla di concreto, nemmeno alzarmi dal pavimento, il dolore però non cesso, fu semplicemente sostituito.

<<Il verme non si muove più, adesso posso stare tranquillo.>> Dissi prima di svenire. Mi ritrovai nuovamente in un letto di ospedale, mi sentii tutto intontito e pieno di dolori, vedo dei dottori intorno a me che discutono con mia madre… da quanto tempo sono rimasto qui, tento di alzarmi ma non riesco a muovere in corpo, vado in preda al panico ma il mio respiro resta uniforme. Cosa sta succedendo?


Agostino-arrivabene-5

<<Geniale la tua idea di spaccarti la testa, ti ha permesso di sopravvivere in quanto coscienza nonostante abbia conquistato il tuo corpo e quasi tutte le aree del tuo cervello, ahahah!>> In preda allo spavento mi morsi la lingua, provocandomi un dolore acuto, sorprendendo persino il parassita.

<<A quanto pare non ho raggiunto il pieno controllo, maledizione, eppure ho terminato il mio insediamento… sembra proprio che dovrò sopportarti fino alla fine si questa vita corporea, fortunatamente al contrario tuo, questa non sarà la mia ultima vita , hahahah!>> Urlai a squarciagola ma la mia bocca non emesse alcun suono, l’unico che poteva ascoltarmi era lui.

Passai diversi giorni in ospedale per ulteriori controlli, nel frattempo però lottavo per la mia sopravvivenza in una guerra intestina nella mia mente. Riuscivo con enorme sforzo a muovere singole parti del mio corpo per brevi attimi, riuscivo a controllare gli occhi ma non a parlare, molte volte il parassita riusciva a togliermi l’udito. Ogni giorno mi sforzavo per urlare aiuto a qualcuno nei paraggi ma inutilmente, quell’essere non me lo permetteva.

Fui sottoposto a varie sedute psichiatriche a causa ovviamente di quello che ho fatto per finire qui, ma il parassita rispondeva per me ogni singola volta.

Alla fine della settimana iniziai a capire di non poter più fare nulla a riguardo, ero prigioniero del mio stesso corpo, e sentivo pian piano che la mia stessa esistenza si stava affievolendo. Un uomo con una fascia in testa ricoverato nel letto accanto al mio un giorno chiese: <<Allora come ci siete finiti qua?>>

<<Finiti? A chi ti riferisci? Ci sono solo io oltre a te in questa stanza>> Rispose il parassita al mio posto.  <<Non prendermi in giro, anch'io sono nella vostra stessa situazione sapete? Eppure al contrario vostro riesco chiaramente a ‘’percepirvi’’ al di là delle vostre parole, sento chiaramente il ragazzo urlare e chiamare aiuto mentre parliamo.>>

<<Tu … mi senti?>> Chiesi.

<<Ovviamente, non avere paura ragazzo, a poco a poco la tua coscienza si fonderà con quella del tuo parassita, non morirai, ma non sarai nemmeno più te stesso, ormai io ci sono abituato a queste fusioni di menti, ma la prima volta è sempre quella più brusca>> Mi rispose l’uomo.

<<Ti prego aiutami.>>

<<Mi dispiace ragazzo ma la fusione sta già avvenendo, se intervenissi non saresti più in grado né di muoverti né di pensare come fai ora.>>

<<Ora però, sono proprio curioso. Come ci siete finiti qua?>>

Qualcosa in quell'uomo mi infuse una tranquillità che forse non avevo mai provato, per quanto surreale fosse quella situazione, accettai con amarezza il destino che mi era capitato, riuscivo per la prima volta a sentire una sintonia con questo estraneo che si era impadronito del mio corpo, invece che rigetto.

<<Allora, da dove cominciamo?>> Chiesi.

<<Direi dal nostro inizio.>> Replicò il parassita.

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