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Osservai in direzione del suo dito e scorsi una luce rossastra provenire da dentro la finestra della casa. La luce era discontinua: sagome scure si muovevano convulsamente, ingrandendosi a vista d'occhio, come se si stessero avvicinando all'uscita.
 
Osservai in direzione del suo dito e scorsi una luce rossastra provenire da dentro la finestra della casa. La luce era discontinua: sagome scure si muovevano convulsamente, ingrandendosi a vista d'occhio, come se si stessero avvicinando all'uscita.
   
La pelle d'oca che ci venne fu il segnale per farci scattare in avanti, correndo a più non posso verso la strada più esterna e illuminata. In quei minuti da incubo, mio fratello non si fece troppi scrupoli e forte della sua abilità coi pattini, mi seminò in men che non si dica, lasciandomi parecchio indietro nella penombra, con la sensazione di avere qualcuno alle spalle che mi braccava. Rimasto da solo col cuore che mi batteva all'impazzata, continuai le falcate ampie e semicircolari, cercando di concentrarmi più sulla fuga che sul motivo della stessa.
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La pelle d'oca che ci venne fu il segnale per farci scattare in avanti, correndo istericamente verso la strada più esterna e illuminata. In quei minuti da incubo, mio fratello non si fece troppi scrupoli e forte della sua abilità coi pattini, mi seminò in men che non si dica, lasciandomi parecchio indietro nella penombra, con la sensazione di avere qualcuno alle spalle che mi braccava. Rimasto da solo col cuore che mi batteva all'impazzata, continuai le falcate ampie e semicircolari, cercando di concentrarmi più sulla fuga che sul motivo della stessa.
   
 
Pur mancandomi il fiato, continuai fino allo stremo delle forze senza mai voltarmi indietro, finché non raggiunsi il primo lampione della strada principale, e lì rallentai per riprendere respiro. Maledissi più volte mio fratello per l'egoismo e l'impulsività, chiedendomi cosa diavolo potesse essere stato quel sibilo lontano che ci aveva fatto così tanto spaventare. Alzai la testa e vidi in cielo centinaia di stelle. Di tanto in tanto, una macchina passava veloce e la seguivo con gli occhi, per poi ritrovarmi in un deserto d'asfalto silenzioso. Un rumore strano sferzò l'aria tutto ad un tratto. Non poteva essere il rumore di una macchina o una moto. Lo sentii aumentare di intensità fino a riconoscerlo. Era lo stesso fruscio di prima, lo stesso sibilo. Ora lo potevo sentire distintamente, come se fosse vicinissimo.
 
Pur mancandomi il fiato, continuai fino allo stremo delle forze senza mai voltarmi indietro, finché non raggiunsi il primo lampione della strada principale, e lì rallentai per riprendere respiro. Maledissi più volte mio fratello per l'egoismo e l'impulsività, chiedendomi cosa diavolo potesse essere stato quel sibilo lontano che ci aveva fatto così tanto spaventare. Alzai la testa e vidi in cielo centinaia di stelle. Di tanto in tanto, una macchina passava veloce e la seguivo con gli occhi, per poi ritrovarmi in un deserto d'asfalto silenzioso. Un rumore strano sferzò l'aria tutto ad un tratto. Non poteva essere il rumore di una macchina o una moto. Lo sentii aumentare di intensità fino a riconoscerlo. Era lo stesso fruscio di prima, lo stesso sibilo. Ora lo potevo sentire distintamente, come se fosse vicinissimo.

Versione delle 12:57, 17 mag 2019

Era il 1997, lo ricordo bene.

A natale avevo ricevuto i pattini a rotelle, usati pochissimo e abbandonati poco tempo dopo causa pigrizia.

Ma i primissimi tempi per me era tutto uno sperimentare quei cosi tutti i giorni. Legavo ginocchiere e cinturine, e una volta in strada facevo circa una ventina di faticosi metri, dopodiché ci riprovavo un altro paio di volte finché non mi scocciavo. La stanchezza arrivava quasi subito, vuoi a causa della postura scorretta, vuoi a causa della mancanza di stretching.

Ma una sera mi misi in testa che dovevo farmi almeno un kilometro. Ero stufo di fare così poco e riporre sempre via gli stivali.

Così mi decisi a uscire in giro con mio fratello minore, che andava molto meglio di me, e di pattinare in direzione della vecchia caserma vicino casa. Facemmo una strada più o meno illuminata e asfaltata, finché non iniziò la zona dell' acquedotto, accanto la quale sorgeva la vecchia caserma. Una stradina tutte buche e sassi tagliava in mezzo a queste due costruzioni, conducendo a una villa molto antica che spesso a cancelli aperti spiavamo di giorno. Continuando la pattinata, io e mio fratello superammo la villa antica lasciandocela sulla sinistra, e giungemmo nella zona della scuola elementare che frequentavamo da piccoli. All'epoca, quel viale era poco curato e non c'era alcuna illuminazione, anche perché ci trovavamo in piena periferia a ridosso della campagna, e a nessun amministratore importava accendere un lampioncino o un faretto, lì. Il buio fitto era rischiarato in parte dalle luci non lontane della strada parallela alla nostra, distante circa un isolato. Superata anche la vecchia scuola elementare, approdammo alla Casa Abbandonata. Si trattava di un lembo di terra più o meno recente dove qualcuno aveva iniziato a edificare una piccola villetta, lasciandola però non finita, chissà perché. Ricordo che di solito ci passavamo di giorno e una volta ci venne in mente di entrare per spiarne le stanze. Dentro però trovammo solo spazzatura e sporcizia, oltre alle solite siringhe e bottiglie rotte.

Quella notte invece ci avvicinammo un po' troppo alla Casa Abbandonata, e lì nacque una sfida con mio fratello: fare la strada fino al vialetto e tornare. Maledetta esuberanza! La prova di coraggio iniziò quasi subito, e lui si fermò a un punto, come impietrito. Io lo superai canzonandolo per essere riuscito a superarlo e a vincere la sfida. Preso dall'estasi del momento, iniziai a cantare una canzone a squarciagola, mentre mi facevo coraggio e mi avvicinavo sempre di più al cancello che proteggeva la vecchia casa. Fu allora che successe.

"SSHHHHHH!!!" sussurrò una voce da dentro la casa buia "SSSSHHHHH!!!" ripetè.

In preda al panico, strillai a più non posso, mentre le rotelle affondavano nello sterrato rallentandomi goffamente. Mio fratello, più abile e scattante, arrivò fino alla strada asfaltata, e appena riuscii a raggiungerlo, mi indicò qualcosa in fondo che non dimenticherò mai, qualcosa che lo aveva raggelato dall'inizio.

Osservai in direzione del suo dito e scorsi una luce rossastra provenire da dentro la finestra della casa. La luce era discontinua: sagome scure si muovevano convulsamente, ingrandendosi a vista d'occhio, come se si stessero avvicinando all'uscita.

La pelle d'oca che ci venne fu il segnale per farci scattare in avanti, correndo istericamente verso la strada più esterna e illuminata. In quei minuti da incubo, mio fratello non si fece troppi scrupoli e forte della sua abilità coi pattini, mi seminò in men che non si dica, lasciandomi parecchio indietro nella penombra, con la sensazione di avere qualcuno alle spalle che mi braccava. Rimasto da solo col cuore che mi batteva all'impazzata, continuai le falcate ampie e semicircolari, cercando di concentrarmi più sulla fuga che sul motivo della stessa.

Pur mancandomi il fiato, continuai fino allo stremo delle forze senza mai voltarmi indietro, finché non raggiunsi il primo lampione della strada principale, e lì rallentai per riprendere respiro. Maledissi più volte mio fratello per l'egoismo e l'impulsività, chiedendomi cosa diavolo potesse essere stato quel sibilo lontano che ci aveva fatto così tanto spaventare. Alzai la testa e vidi in cielo centinaia di stelle. Di tanto in tanto, una macchina passava veloce e la seguivo con gli occhi, per poi ritrovarmi in un deserto d'asfalto silenzioso. Un rumore strano sferzò l'aria tutto ad un tratto. Non poteva essere il rumore di una macchina o una moto. Lo sentii aumentare di intensità fino a riconoscerlo. Era lo stesso fruscio di prima, lo stesso sibilo. Ora lo potevo sentire distintamente, come se fosse vicinissimo. Fu allora che per una incauta leggerezza, non pensando alle conseguenze del mio gesto, mi voltai.