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"Secondo le leggende il lupo mannaro sarebbe una persona colpita da una maledizione, a volte direttamente alla nascita, che porta il malcapitato ad assumere la forma mostruosa di lupo durante le notti di plenilunio, e ad attaccare o addirittura mangiare la sue vittime e prede umane." -  Folklore Medioevale



Devi essere pronta quando arriva l'Ora dei Lupi, ragazza. Devi esserlo, anche se nessuno lo è mai.

Io non lo ero.

Devo essere pronta quando arriva l'Ora dei Lupi – ma nessuno lo è davvero.



A volte fatico a ricordare quando è iniziata.

La Luna ulula alta nella notte, staccando le ombre dal suolo per popolarne i miei sogni. Se dormo non glielo vedrò fare e sarà meno spaventoso, ma so che loro vedono tutto - perché sono lì. I Lupi. Sono lì. E sapendo questo, come posso sentirmi sicura nel chiudere gli occhi?

Dicono che i Lupi fossero uomini, prima.

Secondo alcune leggende si tratta dei settimi figli: progenie degenere per sorte o predestinazione. Secondo altre versioni sarebbero i discendenti di un'antica casata maledetta o di una casta di guerrieri sanguinari tramutatisi alla fine in belve a causa della loro crudeltà. Ma queste sono solo vecchie storie. Non è così che funziona.

È tutta colpa della Luna. La Luna li ha chiamati a sé con la sua voce arcana, i suoi occhi bianchi e spettrali hanno guardato a lungo le loro anime e le hanno infine portate fuori, rovesciandoli come guanti e mettendo a nudo le Bestie nascoste all'interno della pelle.

I Lupi sono vestiti come tutti gli altri, hanno amici, famiglie, lavori, sono persone come le altre, ma quando la Luna li chiama non possono non rispondere - non hanno colpa della loro condizione. La colpa è nella Luna. Là dove si perde il senno degli uomini, e solo chi vola su grandi ali può sperare di recuperarlo.

Ma se non sai volare, se sei solo una ragazza, o solo un uomo, non puoi nulla contro il mostro che è dentro di te. Nascondiamo tutti una natura ferina e ancestrale, potrebbe capitare a chiunque di noi – dicono - di svegliarsi una notte con gli occhi del Lupo. Neri e abissali. Occhi fatti per risplendere alla luce lattea della loro aspra madre cosmica.  



E così siamo tutti soli nell'Ora dei Lupi. La città si spegne dolcemente e le vie si fanno silenziose. È un processo graduale, nessuno vuol dare a vedere che ha paura, ma tutti ne abbiamo, perchè nell'Ora dei Lupi non ti puoi fidare di nessuno.

Le loro ombre frastagliate entrano nelle case, nelle camere, nei pensieri, sono vivi e non vivi, veri e non veri, quando si muovono i loro passi non lasciano orme, sono fatti di qualcosa di più sottile della carne e dell'anima stessa, qualcosa di più simile alla purezza inafferrabile delle sensazioni.  

I Lupi sono proiezioni deformate e terribili dell'istinto umano - paradossalmente non così contro natura - di fare del male. Di predare, di colpire, di nutrirsi dei propri simili.

Puntualmente la loro Ora cala su di me - sola - sola come tutti gli altri. La notte pare dilatarsi, ma forse è perchè il mio battito cardiaco si fa veloce, alterando la percezione che ho dello scorrere del tempo. Le regole della realtà e della fisica si piegano nella nostra mente. Siamo esseri meravigliosi e sciocchi: cerchiamo la magia fuori di noi quando è sempre stata nel nostro cervello. E questo i Lupi lo sanno. Lo sentono. Forse glielo ha detto la Luna, forse il richiamo che li muta in mostri è solo una rivelazione destinata ai più forti. E per noi che restiamo la paura è l'unica soluzione.

Così, sola nella notte, aspetto che i Lupi arrivino, lascio che si nutrano di me e della mia paura, e che poi se ne vadano all'alba. Ma non è sempre stato così.



Io ero solo una ragazza. Lui era solo un uomo. Gli avevo dato la mia fiducia, in un'epoca di diffidenze e di sospetti, l'avevo data a lui e a nessun altro, e lui mi aveva dato la sua. Anche se non aveva mai smesso di temere. Perchè bisognava farlo per non perdere la guardia, per non mettere a rischio la propria sicurezza.

Invece io non avevo paura, perchè la mia sicurezza era lui. Lui che portava legate al collo le chiavi del mio cuore, del mio rifugio, lui che era il mio rifugio, il detentore della mia anima. Lo amavo come una parte di me, l'unica che contasse davvero.

Era il mio Mondo. Ed io ero sua. Tutta sua. Solo sua.

Mi aveva giurato che per amore mi avrebbe difesa dai Lupi. Quando mi stava accanto non ero preoccupata, mai. Le sue cure, così assidue, la sua vigilanza, così stretta. Niente poteva entrare nella mia casa senza il suo permesso. Nessuno. Nemmeno i Lupi – ho detto nemmeno? Volevo dire soprattutto. Soprattutto i Lupi.

Di notte mi proteggeva, le sue braccia erano il luogo più sicuro del mondo, senza di lui sarei stata totalmente indifesa. E questo significa essere spacciata. Era il mio eroe, la persona che non avrei mai sperato di poter incontrare. Ma gli incubi trovano ogni spiraglio attraverso cui farsi strada. Io nella mia ingenuità non temevo più nulla, lui invece sì. Temeva per me, certamente, aveva paura dei Lupi. La pace del nostro amore, la mia salute e sicurezza, erano fardelli difficili da portare. Era una responsabilità, e per quanto lui facesse trapelare solo ogni tanto quanto essa fosse opprimente, io non potevo fare a meno di avvertire un senso di colpa, come un velo di polvere che ricopriva tutti quei piccoli gesti e rituali che facevamo per tener fuori le Bestie. Dapprima leggero, poi sempre più fitto. 

Come potevamo sapere? Come potevamo immaginare che i Lupi erano sempre stati presenti, in ogni momento?

Il loro ululato - inizialmente lontano - si era fatto notte dopo notte sempre più vicino, sempre più minaccioso, rodendo lentamente gli argini che lui aveva creato per proteggermi. Cominciai a svegliarmi segnata dalle loro zanne, ero sempre stanca, a volte addirittura cupa, e lui era disperato, come poteva aiutarmi? Come poteva salvarmi? Aumentava i controlli, serrava i lucchetti, ma la malignità dei Lupi mi aveva ormai marchiata e su di me si era abbattuta una marea oscura, che sferzava a più riprese le sue braccia, in cui mi cingeva ogni notte più stretta, sempre di più...

Finché una notte tutto si fece orribilmente chiaro. I Lupi erano arrivati. I Lupi erano entrati. Nonostante i suoi sforzi loro avevano vinto. Tremavo nel sentirli, cento voci, mille, da ogni direzione, come se invece che essere fuori fossero dentro di noi. Volevo scappare - e ci provai - ma non mi sarei mai separata da lui. Come potevo? Dopo tutti i sacrifici...Dopo tutto l'amore...E infatti lo ritrovai dietro di me. Mi diceva che li avevo lasciati entrare, che era troppo tardi, troppo tardi! Era tutta colpa mia!

Le mille voci ululanti si fecero improvvisamente una sola. Un Lupo doveva avermi raggiunta. Sentivo le fauci stridenti, gli artigli, il respiro freddo e letale, li sentivo su di me. Vedevo l'ombra del Lupo alle mie spalle, continuavo a girarmi ma lei mi seguiva, implacabile, proiettata dalla luce della Luna.

Al suo grido ora faceva da eco solo un assordante silenzio.

Mi fermai. Mentre calava una calma inquietante mi guardai attorno e non c'erano altri Lupi nella notte. Non ci sono mai stati. Il Lupo era uno solo sin dall'inizio. E non potevo che essere io.

Ecco perchè...Era l'unica spiegazione...Lui doveva aver provato a tenermi segregata, controllata, celata, ma alla fine il Lupo aveva sconfitto il suo carceriere – ho detto carceriere? Volevo dire custode - ed era uscito.

La rabbia e la paura che dovevo aver seminato ogni notte nel cuore del mio amato si abbatterono su di me in quell'Ora del Lupi, in cui di colpo ero rimasta sola. Mi colpirono come schiaffi, come pugni, la consapevolezza disperata dalla mia condizione mostruosa mi prese alla gola impedendomi di respirare e i pensieri si fecero pesanti e annebbiati, sbandavano come ubriachi nella notte più buia, smettendo di oscillare molto dopo che la mia testa aveva smesso di sbattere a più riprese contro la portiera della macchina.



In un momento torno alla realtà. La mia testa che sbatte. La macchina. Lui, davanti a me.

Il Lupo. L'Uomo. Il mio Uomo.

Le sue mani stringono il mio collo, e mi staccano finalmente la testa dalla carrozzeria. Ulula rabbioso. No, urla. Urla parole che capisco, ma non riesco a ricordare. Urlo anch'io ma non esce niente dalla mia trachea schiacciata.

È tutta colpa mia. Io l'ho costretto a mettermi le catene, a sorvegliarmi, a vivere nella paura. Il mio amore lo ha costretto. Era troppo, troppo! Era l'unico modo per avermi. Ed ora sono sempre io che lo sto costringendo a farmi questo.

Si ferma un istante e posso sentire dove la portiera si è piegata sotto la mia testa. Posso incrociare il suo sguardo, che, al contrario delle sue parole, non scorderò mai. 

Un colpo. Poi un altro. E ancora e ancora. I suoi artigli sulla mia carne, le sue zanne nella mia anima. Non ho nemmeno la prontezza di mettermi le mani davanti al viso. Nessuna difesa ha senso quando la mia Difesa è lì, davanti a me, a spaccarmi la faccia. Arriva un altro colpo. E poi un altro ancora. I brandelli strappati della mia sicurezza schizzano in tutte le direzioni. Il Lupo si agita su di me, i suoi occhi terribili sono colmi di sensazioni ma l'unica cosa che riesco a vedervi riflessa è il vuoto immenso che mi sta creando dentro.



Poi come è iniziato tutto finisce. La Bestia è sazia. L'Uomo mi guarda ma non mi vede veramente, non vede le mie ferite, cerca di parlarmi, di riaprire la mia anima, ma ha perso la chiave - maledizione - durante la lotta ha perso la chiave! E la serratura che sta venendo violentata dai suoi artigli sanguina un mare di lacrime dai miei occhi durante i suoi disperati tentativi, ma la porta non si apre più...Il legame è spezzato.

Le lancette della mia mente sono piegate e ritorte a segnare quel momento, quell'ora, l'Ora dei Lupi.

Mi fa male la testa. Mi fa male la gola. Mi fa male un occhio. Mi fa male qualcosa dentro, giù in fondo. Mi fa male – e basta. Il libro in cui scrivevamo di noi è stato chiuso di scatto a metà di una frase e resterà così, senza un finale. Qualsiasi esso fosse. Bello o brutto. Tragico o felice. Nessuno vedrà le ultime pagine di questa storia, il nostro racconto si è concluso quella notte. A quell'ora. Senza punteggiatura, senza scioglimento dopo il climax.

Così me ne vado. E mi lascio dietro tutto ciò che non era stato chiuso a chiave. Lascio che Lui lo prenda. E se lo mangi.

Resta di me solo un nucleo, affascinante e grottesco nella sua nudità anatomica.

Dovrò far rifiorire il mio mondo attorno ad esso, attorno a quel fuoco che non mi ero accorta di aver perduto ormai da tempo e che infine è tornato da me come una stella caduta, dirompente e lacerante. Anche se so che quello che è stato il Padrone della mia anima esigerà ancora per un po' la mia decima feudale di terrore da pagare ai Lupi.

Ho versato le mie lacrime per l’ultima volta prima della fine della notte. L’ultima. Prima del silenzio, prima di dovere delle spiegazioni, prima che anche le parole diventino obsolete, prima che la paura mi prenda e mi lasci andare di nuovo, come una ballerina in una danza vorticosa.

Prima di rivivere questa scena ancora e ancora, quando quest'ora ritornerà, le prossime notti. Lo chiamano Stress Post Traumatico. Ma quella paura è una cosa palpabile, vera, è una cosa viva, le ombre che proietta hanno mani, artigli, hanno denti e occhi. Hanno voce. E in mezzo ai loro ululati io sono solo un sussurro.



Sospiro. Il cuore rallenta mentre i ricordi defluiscono nella luce impetuosa di un'alba che nessuna catastrofe potrà mai ritardare, fino alla fine dei nostri tempi astronomici.

L'Ora dei Lupi è terminata.

So che Lui ora sta già aspettando, sul bordo della notte, per poter tornare da me. Per potermi osservare, sentire, rivivere, assaporare, masticare, ferire, spaventare. Ancora.

Tornerà da me perchè, in fin dei conti, ci siamo amati così tanto...

Devo essere pronta quando arriverà di nuovo l'Ora dei Lupi.

Forse domani lo sarò, anche se nessuno lo è mai. – Non lo dico tutti i giorni? - Ma ogni volta è un po' più vero.

D'altra parte i Lupi sono tutti miei figli. I miei mostruosi, abominevoli e adorati bambini. La Luna sono io. Li ho chiamati. Li ho evocati.

Ed ora devi essere pronto, Uomo, devi essere pronto.

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