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Drin Drin!

Amelia stava ancora finendo la sua colazione, le scocciava parecchio andare ad aprire la porta. Guardò attraverso lo spioncino per vedere se fosse uno scocciatore, ma non vide nulla se non il giardino di fronte a casa. “Ancora quei dannati ragazzini, si divertono con poco” pensò tra sé e sé.

La giornata era già iniziata male, ma non era il campanello suonato per scherzo il vero problema e nemmeno le uova bruciate o il caffè bollente che si era versata addosso per sbaglio dopo aver sentito il campanello. Ciò che la infastidiva di più oltre alla sua vita monotona e il suo lavoro sottopagato da insegnante era, soprattutto, suo marito. Il loro matrimonio ormai non era più rose e fiori. Otto anni insieme ad Andrea le sembravano essere stati un inferno. Ci teneva molto a lui, ma troppe cose non le andavano a genio: il suo atteggiamento noncurante, la sua scarsa iniziativa, il modo in cui dimostrava sempre eccessiva calma nei momenti brutti. Il suo sorriso la innervosiva, nonostante prima fosse ciò che la rendeva più felice. La monotonia che governava la loro vita era estenuante per Amelia, ma per Andrea sembrava la normalità, necessaria per stare tranquillo.

Ogni cosa di lui ormai la infastidiva.

Nemmeno litigare serviva a qualcosa, lui si limitava ad acconsentire ad ogni richiesta di Amelia e ogni volta che nasceva una discussione le dava ragione o cambiava discorso per non dover affrontare il litigio. Insopportabile. "Abbi un po’ di dignità e rispetto per te stesso e per me, dannazione" pensava sempre lei.

L’unico momento di pace che aveva era nell’ora successiva all’inizio del turno di lavoro di Andrea, prima che lei andasse a scuola. L’intervallo di tempo tra le sei e le sette di mattina era il solo periodo di relax totale che poteva dedicarsi.

Quella mattina non era iniziata nel migliore dei modi, ma non le importava. Si fece un tè verde e continuò a leggere il libro regalatole da suo marito. “L’unica cosa decente che mi abbia dato recentemente” sbuffò mentre sorseggiava il tè ancora caldo.

Drin Drin! Di nuovo il campanello. “Se sono ancora quei fottuti ragazzini giuro che li prendo a schiaffi!”

Si alzò di scatto dal divano per andare ad aprire la porta pronta a fare una bella ramanzina ai ragazzi, quando, con grande sorpresa, si trovò davanti invece un uomo sulla trentina, alto e robusto, molto affascinante, vestito con un completo grigio e con dei grandi baffi biondi appariscenti avente molte scartoffie in mano.

«Buongiorno, signora. Spero che abbia qualche momento a disposizione per ascoltare la mia proposta» esordì l’uomo.

Normalmente Amelia avrebbe chiuso la porta in faccia all’estraneo, ma questa volta era stata colta alla sprovvista e l’uomo davanti a lei in qualche modo le ispirava fiducia.

“Non so cosa voglia, ma non compro nulla, sia chiaro” disse in modo schietto.

«Cara signora, non ho intenzione di venderle nulla, anzi!» ammiccò con un ampio sorriso stampato in volto. Scostò leggermente la donna per entrare in casa.

«So che tra poco andrà a lavoro, quindi farò in fretta, non si preoccupi»

“Aspetti un momento, chi le ha detto di poter entr… Ma come fa a sapere che tra poco devo andare a lavoro?”

«Ottimo questo tè. Forse avrebbe dovuto metterci meno acqua però, non crede?» sorrise.

“Ma chi si crede di essere lei? Come si permette?”

Amelia corse in cucina per prendere il cellulare e chiamare la polizia. Dov’era? Era sicura di averlo lasciato in carica lì in cucina. Un fischiettio proveniente dalla sala le fece rivolgere lo sguardo verso l’ospite indesiderato. Il telefono era nelle sue mani.

«La prego, signora, si sieda, dobbiamo parlare di affari»

“Come… Come è possibile?”

«Semplici giochetti da dilettanti! Ahahah» con un gesto veloce fece sparire il cellulare.

«Ascolti, se vuole che me ne vada, basta solo chiedere»

“La prego, se ne vada da casa mia e mi restituisca il cellulare” disse seccata.

«Ah, beh, come vuole. È un peccato, sarebbe stato interessante parlare del problema con suo marito»

“A-Aspetti!”

Qualcosa non andava. Quell’uomo non la convinceva per nulla, ma era curiosa. Lo fissò per un attimo e notò qualcosa di strano. Lui non aveva l’iride, solo le pupille. Per un attimo le sembrò anche che avesse i denti aguzzi. Troppe cose erano strane. Lei però era troppo curiosa. Si sedette e lo invitò a parlare.

«Oh, così va meglio. Ah, comunque il cellulare è nella tasca destra dei suoi jeans» disse lui con nonchalance.

Amelia controllò la tasca e lo trovò, nonostante fosse sicura che un minuto prima non ci fosse.

«Può chiamarmi Smith, comunque. Per me è davvero un piacere conoscerla, Amelia»

Allungò le braccia verso il tavolo e prese una foto incorniciata di Andrea e Amelia. «Che bellissima coppia che siete» Amelia cercava di trattenersi dal non buttare fuori l’intruso.

“Che cos’è che vuole?”

«Non si tratta di quello che voglio io, ma di quello che vuole lei» Sistemò nuovamente la foto sul bordo del tavolo e la raddrizzò un paio di volte, fino a rimetterla esattamente allo stesso modo in cui l'aveva trovata. Tirò fuori un fazzoletto dalla tasca e si pulì le mani, come se avesse appena toccato qualcosa di sgradevole.

«So che la sua relazione è instabile e voglio offrirle una soluzione. Voglio offrirle un modo per finire il suo matrimonio senza alcun disastroso divorzio o divisione dei beni. Infatti, con la polizza assicurativa che già avete stipulato con vostro marito potrebbe vivere comodamente per il resto della sua vita»

Si chinò in avanti con le mani. «Che ne dice? Le interessa?»

Lo fissò per un momento, senza proferire parola o battere ciglio.

“Come fa a sapere che la mia relazione è instabile?”

«Oh beh, conoscere le cose è la mia specialità. Per esempio, so anche di quella volta che si spogliò per un altro uomo solo per noia. Piuttosto esibizionista» Lui fece l’occhiolino.

“Sei il diavolo?” disse lei spalancando gli occhi.

«Ma no, signora, così mi adulate!»

«Glielo assicuro, io non sono il diavolo. Però lo rappresento. Il capo non può certo occuparsi di ogni vostro problema»

“Perché è qui? E perché ha scelto me?” La sua voce tremava.

«Per aiutarla, naturalmente» disse con tono rassicurante. «Lei conosce un altro nostro cliente, così mi sono offerto di aiutare anche lei»

“Ma io non conosco nessuno il cui coniuge sia stato ucciso”

«Beh, questo è uno dei nostri punti di forza» la interruppe. «Non saremmo affidabili se tutti sapessero dei nostri “lavoretti”! Ahahah»

Si ricompose e continuò.

«Mi permetta di andare dritti al sodo, per così dire. Ciò che le sto offrendo è un semplice omicidio per porre fine a questa farsa che chiamate matrimonio. Lei, mia cara, otterrebbe finalmente la libertà che desidera, senza alcuna conseguenza»

Amelia esitò per un attimo. Era davvero così brutta la sua vita? No, non poteva continuare. Doveva fare qualcosa. Perché non lasciarlo e basta? Perché non divorziare? No... Amava la sua casa, non poteva lasciarla. Era davvero così facile, allora?

«Certo che lo è» disse lui, interrompendo nuovamente i suoi pensieri. «Ovviamente può declinare la mia proposta, signora. Non la sto obbligando a fare nulla. Tuttavia, forse prima di decidere dovrebbe dare un’occhiata al suo futuro e vedere cosa succederebbe se rifiutasse» Chiuse gli occhi e schioccò le dita. Un attimo dopo, la visione iniziò...

Ci fu un lampo di luce e Amelia si svegliò in un grande cinema, seduta accanto all'uomo. Stava sgranocchiando dei pop corn mentre guardava divertito lo schermo.

Amelia gli chiese cosa stesse succedendo, ma la zittì e indicò lo schermo. Lui era troppo vicino, la innervosiva, quindi cambiò posto andando da una delle poltrone davanti ridacchiò tra sé e sé pensando che non era stata l’unica ad avere avuto quella reazione.

La telecamera inquadrava la donna, visibilmente più vecchia, ma con sicuramente pochi anni di differenza. Le lacrime le scorrevano sulle guance, mentre continuava a singhiozzare.

“Non ce la faccio più! Pensavo di riuscire, ma neanche il divorzio è servito, quell’uomo continua a tormentarmi ed io… Io ho perso tutto…”

Amelia sentì le lacrime scivolare giù per le guance. Sembrava così addolorata sullo schermo. Era tremendamente angosciante vedersi così.

«Ahahah Questa è la parte che preferisco!».

Amelia voltò lo sguardo verso l’altro e poi di nuovo allo schermo per vedere la sé stessa del futuro raccogliere un oggetto dal suo grembo. Che cos'era?

Bang!

Fu una scena raccapricciante. Il sangue ricopriva tutta la telecamera e la testa della futura Amelia era appena caduta fuori dallo schermo, con la parte posteriore distrutta e frammenti di cervello visibili. Lei urlò. Non riusciva a reggere quella vista.

Smith schioccò le dita, e si ritrovarono di nuovo in salotto. Amelia si controllò bene la testa, se la sentiva completamente distrutta.

Lo guardò infuriata. “Bastardo! Come cazzo ha potuto?"

«Questo è il suo futuro. O meglio, uno dei possibili futuri, tutto questo potrebbe anche succedere prima, non dipende da me e non è tutto stabilito, ma è il futuro più plausibile. Per sua fortuna, però, io posso farle evitare tutto questo, deve solo fare una scelta»

“Quindi, se decido di accettare la sua offerta, riuscirò ad evitare quel futuro?"

«Vuol dire che non le piacerebbe prendersi una pallottola in testa? Ahahah La sto prendendo in giro, non si preoccupi. Sì, se accettasse, eviterebbe sicuramente quel futuro»

“Ma cosa vuole da me? Perché aiutarmi?” Non era convinta, ma voleva assolutamente scampare a quell’orribile destino.

«Oh, giusto, il prezzo. Non si fa nulla per nulla, no? Ahahah» Smith incrociò le braccia  «Il prezzo è la sua anima. Un classico, vero? Ahahah» A seguire ci fu un imbarazzante silenzio, mentre l’uomo rimaneva immobile a fissarla in attesa di una risposta.

“Vuole la mia anima? Ma che è pazzo?”

«Non sarà una di quelle fanatiche religiose, vero?» Smith alzò gli occhi al cielo. «No, no, voi esseri umani avete un’idea totalmente sballata. Tutto questo è un gioco, una scommessa tra i due rivali. Siete solo pedine in mano a due giocatori e non avete davvero una scelta, la vostra anima va comunque da una parte o dall’altra, semplicemente questa procedura semplifica la decisione. Sarebbe solo un punto un più per uno dei due immortali. Ahahah Siete solo tanti numeri insignificanti»

Amelia era totalmente spiazzata. Tutta l'esistenza era una scommessa? Il senso della vita era semplicemente scegliere con quale essere onnipotente schierarsi?

«Orribilmente illuminante, vero? Ahahah Che ci crediate o no, siamo tutti dalla stessa parte, niente conflitti supremi, solo un gioco. Tu con chi vuoi giocare?»

Amelia fece un respiro profondo seguito un cenno con la testa. “Allora, come procediamo” Tirò un sospiro di sollievo. Finalmente sentiva l’odore della libertà.

«Perfetto! Ecco il suo contratto». Tirò fuori un rotolo dall’interno della tasca della giacca. «So che il rotolo è un po’ un classico, ma ne avevamo troppi da parte Ahahah» Le diede il rotolo dandole il tempo di leggere gli scarabocchi indecifrabili. «Per firmare, basta premere il dito lì in basso» disse indicando il fondo della pergamena. Amelia premette il dito sulla parte inferiore del foglio. Una macchia rossa si formò sotto il dito e cominciò ad espandersi. Tirò rapidamente via il dito per notare del sangue provenire dall’estremità. «Dai, su, non faceva così male» Si alzò di scatto dalla sedia. «Chiunque può falsificare una firma è per questo che abbiamo bisogno di sangue» Lui allungò la mano e le strappò il documento dalle mani «Questo lo terrò io. Le lascio la prova di acquisto»

“Prova d’acquisto?” Amelia era già abbastanza perplessa, ma questa cosa la stupì.

«Naturalmente, molte persone tendono a scambiare questo accordo come un sogno, la prova d'acquisto è un modo come un altro per dare un promemoria, affinché non ci si dimentichi»

“Non ha intenzione di marcarmi a vita o qualcosa del genere, vero?” disse con voce tremante.

«Cosa?» Sembrava davvero sorpreso dalla sua richiesta. «Signora, non siamo animali. Ahahah Naturalmente, si tratta di una ricevuta cartacea» Tirò fuori un piccolo quadratino di carta, della stessa pergamena come il rotolo. «Un'ultima domanda, signora. Riguardo alla morte di Andrea. Deve soffrire?» Prese una penna e la appoggiò al piccolo pezzo di carta. «Mi dica un numero da uno a cinque. In una scala da uno a cinque, il cinque è tipo la cabina suicidi di Futurama. Ahahah Uno invece è una morte per infarto. Naturalmente, questi sono solo esempi, ogni morte è personalizzata per l’individuo»

Amelia fece una pausa per pensare, ma il volto di Andrea le apparve nella mente. Quel sorriso compiaciuto...

“Puntiamo su un tre” Lei non voleva essere crudele, dopotutto. Tre sembrava un numero ragionevole. Smith scarabocchiò tre linee verticali sul foglietto. «Perfetto, il tutto dovrebbe risolversi in poco più di un mese. Ci piace far passare un po’ di tempo, per lasciarla come una sorpresa. Nel frattempo, viva normalmente come al solito. Passi una bella giornata, Amelia. Dubito parleremo di nuovo per quanto riguarda questo accordo. Ahahah» Detto ciò, le fece un occhiolino e scomparve davanti ai suoi occhi. Non c’era più bisogno di continuare la farsa e passare per la porta.

Amelia decise di fingere un mal di testa quel giorno e chiamò la scuola fingendosi malata. Aveva assolutamente bisogno di un lungo bagno profumato con le sue candele preferite.

Durante la settimana seguente, Amelia non pensò molto riguardo a quello che sarebbe successo da lì a breve. Come aveva detto l’uomo, lei lo avrebbe ricordato più come un sogno, tutto frutto della sua immaginazione. La ricevuta era l'unico ricordo di quel giorno, una prova tangibile della veridicità del patto.

Qualche giorno dopo, la donna iniziò ad avere i sensi di colpa. Quella mattina tirò fuori la ricevuta con le tre linee fuori e la osservò con uno sguardo pentito. "Se lo merita davvero? Una singola linea non sarebbe stata sufficiente? Almeno non avrebbe sofferto…” pensava.

Amelia decise di rendere gli ultimi giorni di Andrea i più piacevoli possibili. Gli preparava sempre i suoi piatti preferiti e lo assecondava sempre, anche per le decisioni più stupide. In tutto ciò, non smetteva mai di sorridere falsamente, quasi per vendicarsi del sorriso perennemente stampato sul volto del marito.

Qualche settimana dopo, Andrea decise di andare a giocare una partita di poker con alcuni colleghi. Era insolito per lui di andare fuori di notte, soprattutto durante la settimana, ma sembrava entusiasta di uscire di casa. Questo diede un po’ di sollievo ad Amelia, che poteva rilassarsi e fare in pace la propria lavatrice.

Cominciò a mettere via il suo bucato e, nel mentre, notò che uno dei calzini di Andrea era finito in mezzo ai suoi. Aprì quindi il cassetto dei calzini per sistemare quello spaiato nell'angolo posteriore e vide un pezzo di carta piuttosto familiare. Lo tirò fuori, riconoscendo la ricevuta.

Che cosa ci faceva nel cassetto?

Una gocciolina di sudore le attraversò il viso.

Andò a controllare il portagioie dove aveva nascosto la sua ricevuta, per trovarla esattamente dove l'aveva lasciata.

“Ma allora questa cosa cavolo è?” si chiese.

Spiegò per bene il foglietto. Era sicuramente una ricevuta, praticamente identica alla sua, con gli stessi scarabocchi e il marchio.

In quel preciso istante, una voce proveniente da sopra la spalla sinistra le sussurrò all'orecchio.

"Vedo che ha trovato la ricevuta di Andrea”

Amelia strinse il pugno al petto, ma non aveva il coraggio di girarsi Sapeva che era dietro di lei. Il completo e i baffi erano scomparsi. Dietro di lei ormai non esisteva più quello che una volta era Smith, ma solo un corpo scheletrico avvolto strettamente da una pelle secca e fragile, con ossa sporgenti e occhi di fuoco.

Lei non osava voltarsi.

«Vede, lui mi ha cercato settimane prima che la incontrassi… Era lui il cliente di cui le parlavo» Sentì le dita ossute del demone su entrambe le spalle, le sue lunghe unghie affilate la infilzavano come aghi.

«Sfortunatamente, lui ha optato per cinque come numero» disse sorridendo sadicamente.


«Ma non si preoccupi, cara, io onorerò il patto e farò presto una visitina anche ad Andrea»

Amelia poteva sentire il crepitio della sua pelle mentre sorrideva.

«Io rispetto sempre gli accordi»

Lei era completamente paralizzata, le gambe tremavano e le lacrime scendevano a fiumi.

«Ora possiamo cominciare, che ne dice?» Le sue dita ossute scavarono tra le sue spalle.


«Urli pure quanto vuole»

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