Benché l'uomo con le sue istituzioni ecclesiastiche e le sue eminenti cerimonie in onore dei suoi Dio, che pur è sempre lo stesso ma appellato in modi diversi di cultura in cultura, cerchi di raggiungere il Celeste e di allontanare gli abissi che vede al di sotto di sé, l'unico portale ad un altro mondo spiritico accessibile dal nostro mondo sembra essere quello demoniaco e le uniche entità che le mani umane possono evocare sembrano essere quelle demoniche e luciferine.
Ed è guidando le mani mortali che i luogotenenti di Lucifero apriranno infine un varco al mondo che conosciamo. Non vi furono ravvisaglie, come predetto dall'eminente Nostradamus o da altri teologi o filosofi o persino saccenti indovini. Arrivò, come un fulmine in un mattino della Primavera e salì fino al cielo, fino a forzare i dorati cancelli di colui che non salvò altri se non sé stesso.
Ma la gestazione durò anni e si compì silente.
Un possente condottiero norrenno, sporco del sangue dei suoi nemici tanto da infangare anche la sua bionda e meravigliosa chioma, inseguendo gli ostili in rotta in testa al suo esercito, coi denti digrignati e gli occhi rossi di collera formulò inconsciamente il pensiero "Venderei la mia anima se il cavallo andasse più veloce!". La storia ci tramanda che fu il più grande bagno di sangue che la storia dei popoli Scandinavi avesse mai visto. La vita di questi finì nell'ignoto, sparì in una foresta durante una battuta di caccia e nessuno lo vide più.
Correva l'anno 346 d.C.
Un saggio, ma ambizioso sciamano dell'Africa Nera, smise d'ascoltare i sussurri della Foresta, incompleto ed impaziente d'apprendere un grande e possente potere, anche a lui ignoto, mosso esclusivamente dalla sua sete di conoscienza. Accese un fuoco nel cuore d'una nera foresta e pronunziò parole dei suoi antenati, in una lingua oramai perduta al mondo, che sol pochi eletti sentirono anche solo di sfuggita in vita loro. Davanti a lui le forme più grandi e mostruose si formarono, solo per i suoi tremanti e lucidi occhi. Quel potente sciamano sparì dopo quella notte e grande fu il dolore del suo popolo nell'averlo perso.
Correva l'anno 1200 d.C.
Durante lo strapotere Napoleonico in Russia, una giovane donna di Mosca, sofferente per l'ignota sorte del suo amato marito, reclutato tra le armate mandate a combattere l'esercito invasore Imperiale, una notte nel suo letto, dopo tanta insonnia per la pena d'amore, abbandonando ogni pensiero razionale, pronunziò con un fil di voce la volontà di vendere la propria anima per venire a conoscenza de la sorte del suo amante. In sogno per trenta notti consecutive vide il suo cadavere avanzare attraverso il vuoto, con le braccia tese verso di lei. La donna, dopo sfinita impazzì dal dolore e si suicidò, si dice nello stesso momento in cui una pallottola bucò il petto del suo Dimitri.
Correva l'anno 1821 d.C.
In una vecchia zona del Mississipi, dove due strade formano ancora una x ed all'incrocio ha dimora un vecchio albero in cui mai crebbe una foglia; un ragazzo di colore di almeno tredici anni, in giacca e cravatta, sedeva su d'un masso a suonare una cinica e malinconica melodia blues con una chitarra acustica quasi più grande di lui. Le sue mani smisero di vibrare le corde quando una vecchia auto a vapore comparve e vi scese un signore alto, bianco, con i capelli tirati all'indietro e vestito con un singolare Frac. Un damerino. Con gli occhi d'un rosso acceso ed ardente.
Correva l'anno 1924 d.C.
Ora v'era solo da far convergere i punti.
Grande era la festa in molte parti de la penisola italiana per la festa di San Giorgio, cavaliere cristiano ed uccisore d'un possente e temibile dragone. Tanto fervida era la devozione del popolo italiano per questo santo guerriero, in molte parti de la penisola, specie nella cittadina di Reggio Calabria, che l'adottò da secoli come patrono. Su la spiaggia de lo stretto, tante erano le famiglie ed i gruppi di ragazzi accorsi ad assistere ad i fuochi d'artificio, in un'atmosfera allegra e viva, piena di colori e di voci d'infanti trepidanti in attesa dei giochi che sarebbero comparsi nel cielo.
Ed ecco il primo lampo, molto piccolo, tanto da creare una flebile esplosione con decine di verdi scintille nel cielo, che la folla cominciò ad osservare.
Poi divennero essere un duo e poi un trio, formando gaie figure di vari colori, che illuminarono a giorno i loro ammirati spettatori. Talmente ammirati che pochi, anzi, nessuno, notò che dalla sabbia uscì una mano guantata, seguitata da un braccio d'acciaio, che fece strada allo spuntare di una testa ricoperta da una folta chioma bionda, parecchio ingrigita. La figura ebbe tutto il tempo di tirarsi fuori dalla sabbia ed ergersi alta in mezzo alla gente... quando le persone si voltarono, invece d'altra gente attorno a loro, videro un pallido ed alto uomo, dalla pelle giallastra, i lunghi capelli appiccicosi solcavano la fronte e s'attaccavano al viso.
Contemporaneamente la scena si ripeté con un uomo di colore che usciva, fradicio e pieno d'alghe, dal mare sorreggendosi da un alto bastone di legno nodoso con intagliato in cima un leone, un altro uomo di colore, vestito in giacca e cravatta con una chitarra acustica in mano poggiata sulla spalla, usciva dal nulla da una porta adiacente d'una spiaggia che conduceva ad un locale che fungeva da discota all'aperto, con passo sicuro, eppure strascicato... ed una donna, in vestaglia bianca con macchie scarlatte, faceva lo stesso scendendo da una scalinata che portava alla spiaggia. Il volto rivolto in alto in alto e le braccia aperte. Tutti e quattro avevano le orbite vuote e sia da queste che dalla bocca sgorgava copioso il sangue.
I giochi però erano continuati tanto che dalle lontane barche i fuochisti erano grandemente spronati dalle urla che giungevano dalla riva, tanto sembravano urla di giubilo e di meraviglia, che diedero avvio con soleriza alla parte più bella dello spettacolo.
Sopra la folla urlante, si disegnò un grandissimo fuoco d'artificio, che sembrava prendere tutto il cielo con il suo diametro e con le sue grandi scintille rosse e che illuminò a giorno ciò che v'era sotto di lui.
I quattro, tetri e sfigurati esseri spalancarono le loro bocche e le loro mascelle si lacerarono, fino a strapparsi in carne morta senza sangue, mentre da le loro gole traverso le bocche si proiettava una luce verde lucente che raggiungeva il centro di quella grande esplosione pirotecnica.
Questa rimase sospesa in aria e quel grande fuoco d'artificio non svanì come le leggi de la fisica impongono, ma fu tenuto fermo nel mezzo d'un cielo notturno da qualcosa di più forte. I suoi bordi cominciarono a vorticare, sotto gli occhi di una folla impietrita da quello che era solo l'inizio d'un terribile incubo, creatosi attraverso le ere prima di loro.
Una breccia nel cielo, un abisso sulla loro teste dai bordi fulvi ed incandescenti, che risaltava nel falso nero del blu scuro de la notte.
Sembravano due globi coverti da le fiamme queilli che apparirono da quello che oramai sembrava essere un gigantesco portale... da lì pian piano prese forma una sagoma particolare, tutt'attorno a quelle due sfere e sorse il Male.
Dall'oscurità s'affacciò sul mondo un orrido e gigantesco muso, simile a nulla che l'uomo avesse visto in tutta la sua storia, se non nei racconti de le leggende antiche. Rassomigliava ad un possente drago, ricoperto di squame a guisa di pelle e dai denti aguzzi.
La gente sulla spiaggia era ridotta ad una patetica massa di formiche, non si faceva altro che correre e scappare o rimanere fermi al proprio posto increduli dall'orrore cui si stava assistendo. V'era chi pregava, ma senza alcun risultato e chi scappava rimaneva schiacciato, inciampando nei suoi piedi o persino nei corpi a terra, senza vita, dei quattro evocatori di quell'essere infernale. Quel mostro uscito dagli abissi aprì le sue fauci, e la luce della luna si riflesse sui suoi bianchi denti mentre l'odore del suo alito fece conoscere a qualsiasi essere umano nelle vicinanze l'odore della carne morta mista a zolfo. Con un profondo e gutturale gemito che rischiò di far tremare la terra stessa, vomitò una strana sostanza nera come la pece e ad occhio de la stessa consistenza, che cadde a picco sul mare dello stretto.
Quando la scura cascata finì, s'alzò da le onde del mare una figura nera, identica allo psicopompo con cappa e falce tanto presente nelle effige e nelle rappresentazioni dei tempi andati. Ma questi era privo d'una falce, le "braccia" sue scendevano lungo i fianchi e quello che potrebbe esser stato il suo sguardo era basso. Il suo mantello, infine, non aveva termine, ma s'allungava in quelle che potrebbero essere definite ombre, che s'estendevano a loro volta nella spiaggia. Molta gente fu raggiunga da queste ombre, fino a coprirsi interamente di nero ed essere prosciugata della sua vita, rimanendo un guscio di carna rattrippita e rappresa. Altri scapparono via, ma voltandosi indietro videro l'orrore che s'era formato sotto i loro occhi a compimento. Il drago, con il capo fuori dall'abisso su cui s'affacciava l'enorme portale, ruggiva vittorioso e quell'alto psicopompo continuava a mietere vittime e le sue ombre continuavano ad allargarsi... mentre sulla riva dalle acque, rimaste quiete e calme per tutta la durata di quell'incubo, come colpito dalla consapevolezza e dalla rassegnazione, uscivano bestie bipedi nere ed inconoscibili ed irriconoscibili, con gli occhi rossi e con il corpo della consistenza delle ombre.
Lì, il drago risorse, come un'ultima beffa all'unico uomo che potè sconfiggerlo, di cui in quel momento ne la sua tomba, giaceva solo la cenere del suo scheletro coperto da tonnellate di pietre e d'oro.
Poichè l'uomo morì ed il male aspettò solo di prendere una nuova forma, nutrendosi ed aspettando.
Pochi capirono che quello era divenuto l'epicentro della decantata Apocalisse.