Creepypasta Italia Wiki
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Nessuno si immaginava quanto sarebbe potuta peggiorare la situazione da quel momento, semplicemente ci venne detto che non si sapeva ancora nulla e che gli scienziati stavano analizzando il fenomeno e che tutto si sarebbe risolto in un paio di mesi. Cazzate.

Ci dicevano che non dovevamo fare altro che seguire le indicazioni, di stare a casa quando comunicato e di chiudere ogni finestra.

Ci dicevano che sarebbe stata una sfida che ci avrebbe fortificato e che, essendo nel nuovo millennio, con le tecnologie attuali non era un gran problema lavorare da casa qualche giorno ogni tanto; così, senza quasi accorgercene, “la pioggia” divenne parte delle nostre vite.

Ci arrivavano in continuazione notizie riguardo l'investimento di risorse in studi al fine di poter comprendere la situazione al più presto, ma ubriacandoci di parole, non ci hanno mai fatto arrivare informazioni o notizie riguardo a cosa originasse lo strano fenomeno.

La gente non sapeva più che cosa pensare di questa situazione, quindi non mi stupisce l’ammontare delle sette che abbiamo visto formarsi in questo periodo. Una più di tutte sembra aver successo: “Rebis”.

La cosa strana dei suoi adepti è che loro non temono la pioggia, la evitano, come era imposto dalla legge, ma non ne hanno paura. Si vocifera che i preti di questa setta siano tutte persone che si sono esposte volontariamente alla pioggia per lunghi periodi di tempo ottenendo “l’illuminazione”, ma rimanendo coscienti delle proprie azioni. Persino mia madre si è fatta attirare dagli adepti e anche se all’inizio non ci ho prestato molta attenzione, ora non posso più ignorare la sua… condizione. Lei è sempre più lontana da me. Non è solo lontana da me, è lontana dallo scorrere del mondo. Rimane ore a fissare “la pioggia” col suo vangelo in mano, cantando canti che paiono provenienti da ere ormai dimenticate.

Le conversazioni con lei sono sempre meno, e quando le provavo a chiedere qualcosa rispondeva a monosillabi. Pensavo fosse dovuto all’isteria della situazione, in fondo molte persone sono impazzite o quasi. Ogni tentativo di farle prendere farmaci psichiatrici è andato male, scatenando spesso una reazione violenta.

Per la prima volta dopo tanto tempo, un giorno mi ha rivolto la parola. Non riesco a descrivere la mia contentezza in quel momento, però la mia felicità è stata smorzata subito dall’argomento: la sua religione. Cominciò a dirmi che quello era solo l’inizio della purificazione e che quella pioggia nera era carica di tutti i nostri peccati e di tutti nostri sbagli.

Continuò nel dire che “la pioggia” aveva un nome: “Nigredo”. Con questa frase il suo sguardo si fece assente di nuovo e la sua bocca ritornò nella solita smorfia che è la sua espressione normale.

La pioggia faceva uscire di testa chiunque ci stesse troppo a contatto. E’ nera pece, densa e inquietante. Quando la si fissa, per qualche ragione, si perde la cognizione del tempo. E’ quasi ipnotizzante.

La situazione peggiorò.

Ha iniziato a piovere sempre di più e i meteorologi non riuscivano a capirne il motivo. Prima di quel momento, la pioggia dopo essere caduta a terra, ritornava ad essere in tutto e per tutto acqua, ma da questo momento, continuava a restare tale a quello che era in caduta anche una volta raggiunto il terreno, spesso per ore. La gente cominciò a impazzire, affetta da un’isteria di massa, tant'è che sempre più persone cominciarono a uscire con la pioggia, finendo per impazzire del tutto e avendo reazioni violente. Nei giorni in cui i mezzi potevano circolare le ambulanze e la polizia non smettevano di passare. Non si aveva un solo attimo di silenzio, nemmeno di notte.

Durante una piacevole giornata di sole, andando a fare la spesa, ho incontrato un mio collega che mi ha raccontato che in un condominio nel suo isolato una persona si era esposta alla pioggia e aveva ucciso la famiglia, compreso il figlio di quattro anni, per poi andare a bussare alla porta del vicino di appartamento per chiedere aiuto. Continuò la macabra storia sorridendo inquietantemente e dicendomi che il vicino che aveva aperto la porta per prestare aiuto, si ritrovò una coltellata all'addome e prima di morire dissanguato ha avuto il tempo di vedere sua figlia stuprata e sgozzata davanti ai suoi occhi. In quel momento un brivido attraversò la mia spina dorsale, non so se fosse per via della storia macabra o del suo sorriso raccapricciante. Notai al suo collo la collana della setta e frettolosamente lo salutai allontanandomi.

Mia madre bisbigliava in continuazione le stesse parole in una cantilena scomposta: “l’albedo è vicina. Loro purificheranno i nostri corpi”.

Avevo la sensazione di impazzire, di essere sempre distratto e di non riuscire più a pensare lucidamente.

Giorno dopo giorno “la pioggia” si fece più frequente e persistente finché non cominciò ad avvelenare i campi. Questo è stato il declino della nostra razza per come l’abbiamo sempre conosciuta.

Le razioni di cibo erano divise e portate “porta a porta” ogni settimana. Qualunque cibo all’infuori di quello che ci dava il governo era da ritenersi contaminato e ci avrebbe condotto alla follia. Nessuno poteva più uscire di casa se non chi doveva lavorare, come ad esempio idraulici ed elettricisti.

Durante la pioggia ci raccomandavano di sbarrare porte e finestre e di non aprire a nessuno. Dormire era impossibile già nei giorni normali, ma nei giorni di pioggia gli urli echeggiavano per la strada.

Un giorno, durante la pioggia, mentre ero a fare la doccia, mia madre uscì. Ho provato a chiamare subito la polizia, ma la linea era occupata, probabilmente per via delle troppe chiamate. Ho deciso allora di accendere la radio mentre piangevo disperato, dato che la televisione non funzionava ormai da tempo, venendo a conoscenza che tutti gli adepti di “Rebis” erano usciti armati e stavano seminando il panico. Mi sono seduto sulla poltrona tenendo la testa tra le mani. Non sapevo più cosa fare. A un certo punto, nell’udire degli spari in stada, mi balenò in testa un orrido pensiero. Corsi in camera da letto, aprì l’ultimo cassetto del comodino e frugai tra i calzini arraffando la vecchia scatola di legno che da tempo custodiva la pistola di mio padre. Era vuota.

Dopo una settimana dalla scomparsa di mia madre, il governo non ci faceva più arrivare razioni. Le sirene della ambulanze non si sentivano più e le urla si erano affievolite. Le strade erano piene di corpi senza vita e di macchine fuori strada. Alcuni briganti raziavanoi condomini sfidando i membri della setta che vagavano per le strade. Erano individui avvolti da impermeabili neri con grossi stivali da pesca. Non temevano la pioggia e non temevano la setta, il loro unico obiettivo era quello di sopravvivere rubando le poche razione rimaste alle famiglie. Erano disposti a uccidere per farlo.

Durante un giorno di pioggia sentì bussare alla mia porta. Guardai attraverso lo spioncino prima di aprir bocca e con sorpresa ho notato che si trattava di un mio caro amico.

Per quanto ho pensato che parlare in quella situazione fosse stupido, mi ritrovai a farlo comunque e dunque chiesi di cosa avesse bisogno. Era visibilmente spaventato e disse che lo stavano rincorrendo e che se non gli avessi aperto lo avrebbero ucciso.

Mi venne in mente la storia di quell’uomo che uccise la sua famiglia e quella del vicino e gli sussurrai le mie scuse allontanandomi dall’ingresso.

Era disperato. Batteva sulla mia porta piangendo e urlandomi di aprirgli e che avrebbe fatto qualunque cosa io volessi per farsi aprire. Io mi morsi il labbro, non sapendo se credergli e un rivolo di sangue si fece strada fino a terra. Mi andai a sedere sulla poltrona ignorando le sue urla. Mi dispiace Arthur, ma meglio te che me.

Il suo pianto si è fatto sempre meno rumoroso e l’ho sentito accasciarsi alla porta.

Dei passi e uno sparo accompagnati da una risata hanno interrotto quell’artificiale silenzio. Il pensiero che Arthur avesse detto la verità si era ormai affermato nella mia testa. Cosa ero diventato, come mi ero ridotto? Avevo anche io perso la mia umanità obbligando un vecchio amico a morire.

Ho tirato dentro il cadavere di Arthur e messo sul letto di mia madre, come se potessi dare riposo a quella salma esanime che io stesso avevo condannato a morire.

Sento di star impazzendo, sento voci in continuazione e ormai il solo pensare si è fatto difficile, quindi sto scrivendo su questo foglio sgualcito le mie memorie, nella vana speranza che qualcosa cambi.

Da piccolo, quando ancora abitavo nel piccolo paesino che papà tanto amava, sognai di volare. Sognai di prendere il volo di notte, di sorvolare la città e di andare ovunque volessi, senza restrizioni. Quando mi svegliai ero ancora convinto di poterlo ancora fare, allora quella mattina andai sul tetto deciso a volare come nel mio sogno. Mia madre mi urlò di scendere, il vicinato si riunì davanti alla nostra vecchia casa e mi fecero desistere dal buttarmi. Penso di non aver mai ricevuto un abbraccio da mia madre prima di allora.

Le voci dicono che posso ancora volare, lo ripetono in continuazione. Loro dicono che posso andare verso un luogo dove la pioggia non è mai arrivata, dove ci sono campi fertili e visi amici. Ho deciso.

Sono sul balcone, l’odore di marcio dei cadaveri per strada è quasi sopportabile grazie al vento leggero che si posa sul mio viso. Vorrei ci fossi anche tu, mamma, così potresti vedere che tuo figlio sa volare.