Era solo una stupida missione di raccolta nelle Piane Sabbiose; mai avrebbe immaginato che sarebbe successa una cosa del genere. Stava raccogliendo minerali per la forgia, per armi ed armature che gli servivano per affrontare il Rango G. Gli mancava davvero poco per affrontare le missioni più difficili e temute, che però regalano emozioni, soddisfazione e fama a livelli inimmaginabili. Riprendeva fiato in una delle zone temperate, dopo aver camminato per tutta l'area sotto il sole cocente del deserto per più di mezz'ora, con lo zaino pieno di minerali e attrezzi per lo scavo che incrementavano la fatica da sopportare; guardandosi intorno vide un filone di minerale raro che gli sfuggì prima e si fiondò a scavare, avido d'ottenere minerali sempre più rari. Talmente avido che non fece caso ai Bnahabra nella zona, sicché non sono esseri particolarmente pericolosi.
Ma su questo mondo anche la creatura più piccola ed insignificante può essere una minaccia, sottovalutarli non fu una scelta saggia. I Bnahabra sono insetti di grandi dimensioni simili a vespe, e con una singola puntura possono paralizzare un essere umano adulto per qualche secondo. Non la definizione di estremo pericolo, ma durante una caccia può rivelarsi davvero inconveniente. Ronzando, il minuto Neopteron gli si avvicinò lentamente, zigzagando alle sue spalle, pronto ad utilizzare il suo pungiglione per iniettare le tossine paralizzanti. Lui continuava a scavare, ignaro del tutto, accecato dal desiderio di un ricco bottino, così l'insetto sferrò la sua mossa: si aggrappò alla sua schiena, immediatamente sfilò e conficcò l'arto perforando la sua pelle e la sua carne, iniettando il venefico siero nei suoi muscoli, paralizzandolo all'istante. Cadde a terra e forti scosse gli percorrevano il corpo ad intervalli irregolari, causandogli convulsioni con il paralizzante che ancora non gli permetteva di muoversi. L'insetto però non si staccò dalla schiena; sebbene fosse paralizzato, percepiva che stava ancora iniettando liquidi nel suo corpo e, quando la paralisi finalmente si alleviò fu capace di rialzarsi, afferrò il Bnahabra e lo strattonò via, sentendo il pungiglione sfilarsi dai tessuti con un dolore non indifferente. Gli strappò le ali e lo scaraventò a terra, sfilò il suo martello e, con un colpo deciso e carico di rabbia, lo pestò al suolo frantumandolo completamente; quando rialzò la possente arma osservò la creatura mentre veniva sepolta dalla sabbia nel buco scavato da quel colpo incredibile, compiaciuto per la vendetta compiuta.
Raccolti tutti i materiali necessari tornò al villaggio e si ritirò a casa per riposare dopo una lunga e produttiva giornata. Di primo mattino si alzò e controllò le ferite medicate il giorno prima; con piacere notò che il foro causato dalla puntura di Bnahabra era quasi del tutto chiuso, anche se un po' gonfio a causa dei liquidi che normalmente il corpo rilascia per far fronte ad una possibile infezione. Indossò la sua nuova armatura ed il nuovo martello, notando che erano leggermente più pesanti di quelli a cui era abituato, ma molto più resistenti e si recò alla gilda per completare qualche missione non troppo impegnativa di Rango G. Raccolti un po' di materiali e cacciato qualche mostro di piccola taglia si sentiva ancora nel pieno delle forze ed esaltato per il nuovo equipaggiamento. Decise così di affrontare una missione un po' più impegnativa: un Gran Jaggi, uno tra i più piccoli dei mostri di grandi dimensioni e considerato da molti cacciatori una valvola di sfogo in momenti di noia.
Arrivato nella zona di caccia non perse tempo; dopo qualche minuto trovò la preda e sfoderò il martello, pronto a rilasciare qualche colpo caricato sul cranio della malcapitata creatura. Ma il divertimento durò poco; la stanchezza della giornata iniziò a farsi sentire ed il corpo divenne via via più pesante ad ogni scatto o schivata, il mostro non gli lasciava tregua e fu davvero vicino al perdere i sensi. In un'altra zona rifletté sul da farsi e constatò che non era in grado di completare la missione, in quanto non era fisicamente e mentalmente rilassato per riuscirci, così decise di abbandonare e tornare al villaggio per riposarsi.
Dopo essersi rinfrescato, tornò in casa e diede di nuovo un'occhiata alla ferita: nulla di particolare, esattamente com'era al mattino. Durante la notte il caldo non gli permise di riposare decentemente e quando si svegliò notò che la temperatura corporea era più alta del normale. Febbre, il primo sintomo. Col passare delle ore le cose non migliorarono: nausea, crampi addominali, vomito, emicrania e debolezza. Il corpo rispondeva sempre meno agli stimoli e la sensazione di svenire da un momento all'altro era sempre presente. Si prese così il giorno libero: di certo era impossibile cacciare in quelle condizioni.
Al mattino seguente le cose non erano migliorate di molto, ma decise comunque di affrontare qualche missione semplice, magari i sintomi sarebbero passati. Ottenne l'incarico per sfoltire un branco di carnivori di piccola taglia il cui numero stava diventando abbastanza numeroso e ciò potrebbe sconvolgere un ecosistema, se la faccenda non venisse presa seriamente. Durante il tragitto per la zona in cui si trovava la tana, sentì chiaramente che qualcosa non andava: le forze gli venivano meno ad ogni passo, la schiena gli pizzicava e sentiva la puntura gonfiarsi e prudergli. Decise di fermarsi in una zona sicura e togliersi la parte superiore dell'armatura per controllare e applicare una rapida medicazione che potesse evitare infezioni; ma appena toccò il foro un dolore atroce si disperse in tutta la schiena, si inginocchiò a terra poiché era talmente forte da impedirgli di stare in piedi, tanto meno di urlare, anche se sarebbe stato inutile dato che nessuno avrebbe potuto aiutarlo. Era troppo tardi. Il dolore diventava ogni secondo più insostenibile, poteva sentire i muscoli contorcersi e bruciare, senza avere un minimo indizio su ciò che stesse accadendo. Sentiva qualcosa muoversi dentro di lui. La pelle si gonfiava sempre di più, fino ad iniziare a lacerarsi, il bruciore era insopportabile e si stava espandendo in tutta la parte superiore del corpo, non aveva idea di come porre fine a tutto ciò. Non poteva farlo.
Ignaro di tutto, all'interno del suo corpo stava accadendo ciò che molti definiscono un miracolo: la nascita di una nuova vita, anzi, di molteplici vite. Il Bnahabra non si limitò semplicemente ad iniettare tossine nel suo corpo quel giorno, ma depose le sue uova. Dimenandosi sul terreno, il cacciatore poteva solo aspettare. In un'agonia terribile la sua schiena si squarciò, a decine, i neonati insetti fuoriuscirono ed iniziarono a banchettare con la sua carne, tirando, strappando ogni tessuto commestibile a portata delle loro minute, ma forti mandibole. Ed era solo l'inizio; ancora cosciente il cacciatore poteva sentire le creature divorarlo lentamente ed insaziabilmente. Completamente paralizzato al suolo, il dolore iniziò ad alleviarsi solo quando le piccole creature raggiunsero i nervi della spina dorsale. Quando vennero recisi il dolore proveniente dalla parte inferiore del corpo cessò immediatamente, ma anche ogni possibilità di rialzarsi e fuggire da quel macabro banchetto gli fu negata. L'unica cosa rimastagli da fare era aspettare che i famelici insetti intaccassero i principali organi interni, portandolo ad una fine lenta ed innegabilmente dolorosa.
Uno degli insetti risalì la schiena, raggiunse il suo volto ed, incuriosito, lo fissò per qualche secondo ed il cacciatore poté anch'esso osservare una delle piccole creature a cui aveva dato la vita involontariamente. E fu l'ultima cosa che riuscì a vedere prima che i suoi occhi si spensero senza vita.