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Morì dopo poco.
 
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Versione attuale delle 17:04, 17 gen 2017

Mi svegliai sdraiata su un lettino che mai prima d’ora avevo visto; era sporco, unto e coperto da chiazze rosse che facevano pensare a sangue. Volevo urlare ma preferii rimanere in silenzio ad esaminare la stanza. Era vagamente buia, ma le sagome lontane di alcuni mobili probabilmente risalenti al 600’ riuscivo a distinguerli, erano ammaccati e riempiti con dei libri che mi sembrarono di psicologia, medicina o cose simili. A ore 12 avevo una porta, l’unica porta ;“la mia unica via d’uscita” pensai. Prima di escogitare una via di fuga continuai a guardarmi intorno per familiarizzare con l’inquietante ambiente. Alla mia destra c’era situato un carrello in legno con sopra un vassoio opaco chiazzato da macchie rosso mattone, dentro il vassoio c’erano delle forbici arrugginite, un bisturi curvo, vari aghi , siringhe sporche di una sostanza verde che stava corrodendo i millilitri disegnati nei bordi e lacci emostatici mangiucchiati da gli insetti che potei intravedere in seguito.

Capii all'istante che dovevo uscire,  gli attrezzi chirurgici mi fecero pensare ad eventuali torture sul mio corpo, così cominciai a controllare quest’ultimo per vedere il mio stato, temevo che il sangue usato quasi come vernice fosse il mio. Ero in biancheria, ma non era la mia, quella che stavo indossando era molto sporca, le cosce erano sporche e la pancia ricoperta di un liquido verde, mentre le braccia (come le gambe) erano legate, e finii per capacitarmi ad essere intrappolata in una posizione a croce. La pancia cominciò a pungermi, dovevo grattarmi la parte urgentemente.

Cominciai a non sopportare il fastidio, e provai a dimenarmi come un animale colpito male per l’uccisione o in preda ad un attacco epilettico. Volevo urlare, urlare per tirarmi fuori l’anima che mi si stava ormai corrodendo nello stomaco. Cominciai a capire. Era il liquido della siringa, un potente acido, mi stava dividendo in due il corpo. Dopo quelle che sembrarono ore svenni dal lancinante dolore.

Al mio risveglio mi ritrovai in una stanza simile all'ultima che mi ricordavo, stessi attrezzi chirurgici e stessi mobili antichi, questa volta però ero illuminata da una luce artificiale che mi colpiva ovunque. Mi controllai immediatamente lo stomaco e vidi la carne che pulsava, ed ogni pulso corrispondeva ad una colata di sangue fino alla schiena. Non era un sogno, stavo vivendo nella realtà. Non mi sentivo le mani, i piedi e nemmeno i capelli, pensavo che me li avessero tolti, tagliati. Ed era così. Avevo capelli lunghi, mentre ora il collo mi gelava e non sentivo il solito solletico sulle spalle. Ero diventata un maschio.

Ad un tratto sentii un lamento vicino a me; sembrava quello di una persona, ed euforica ma non troppo del solo pensiero che ci fosse qualcun altro oltre a me, girai di scatto la testa verso quella che potrei definire musica. Non potete immaginare l’orrore. Un uomo era disteso affianco a me, nudo.

Lancinava  dai dolori in quanto ferite gravi ovunque. Tagli che arrivavano al femore, buchi sulle braccia colmati da quelli che sembravano escrementi di topo, piedi dotati di un solo pollice funzionante, capelli raccolti e molto lunghi, mentre la pancia traforata come la mia. La cassa toracica presentava tagli coincidenti con le costole , tagli profondi, troppo, in quanto si vedevano i polmoni gonfiarsi e sgonfiarsi d’aria. Urlai di istinto, di scatto si girò verso di me e l’orrore fu indescrivibile. Aveva i bulbi che penzolavano dalle orbite insanguinati e le “cordicelle” che tenevano saldi alla testa i bulbi erano lacerati e pieni di larve bianco avorio, il naso si presentava a metà mentre la bocca mostrava i denti e le stesse larve circondavano le labbra, uno spettacolo orribile, quell’uomo stava morendo.

Potevo quasi sentire il suo dolore dentro la pelle, le larve che strisciano e ti corrodono piano piano i muscoli, il viso, il disgusto delle zampette che ti corrono sul corpo e l’orrore della consapevolezza che puoi solo soffrire.

Ebbe il suo sguardo indiretto verso di me  e dopo neanche dieci secondi di silenzio assoluto disturbato forse dai rumori della fognatura, aprì la bocca come se volesse mangiarmi e cominciò ad urlare talmente forte che sputò sangue, le gocce mi colpirono il viso e le sentivo scendere lungo i miei lineamenti. Gli occhi si s staccarono e cominciò a tossire finché non cadde addosso di me morto. Morì con un sorriso inquietante, stampato in faccia . urlai ancora. Mi dimenai per togliermelo di dosso, ci riuscii e come se destino lo avesse prescritto, il cadavere cadde con il volto rivolto verso di me, Volevo fuggire da quell'incubo, non volevo stare in quel posto, era troppo per me, non sapevo se ce l’avrei fatta.

Improvvisamente, dopo un periodo ove tenni gli occhi chiusi, li aprii per controllare il mio amico, sparito. Non ci vedevo più da quella che volevo convincermi fosse rabbia, ma che in realtà era paura di morire magari stuprata da quell'essere che avrei considerato un alieno.

Continuai a girarmi, non sapevo che fare.

Sentii un formicolio intenso sulle gambe, pesavo fosse per la mancanza di circolazione così non ci feci caso. Mi resi conto in seguito che si trattava delle sporche mani di quello che pensavo fosse lo stronzo morto, mi stava toccando e pungendo le gambe e temevo sarebbe passato al peggio.

Ad un certo punto si sentirono dei passi, lenti, provenire da oltre quella misteriosa e troppo lontana porta. Non tornavano diverse cose e cominciai ad agitarmi, e con mio gran stupore, la creatura dagl ’occhi penzolanti si staccò dal mio corpo. Non volevo crederci, forse era il “capo” di quel disgustoso essere e che per paura di essere ammazzato da questo, preferiva starsene in disparte.

I passi si fecero sempre più vicini e anche più pesanti; ero sola, quasi nuda ed un essere stava per molestarmi, in più c’era una persona dotata di scarpe costose perché riconoscevo quel rumore. 200$”buttati nella spazzatura”, scarpe inutili e scomode che ricordavano i tacchi femminili.

I passi cessarono e la maniglia cominciò a muoversi violentemente finché non si ruppe lasciando un buco dal quale vidi spuntare un occhio giallo immerso nel sangue di qualunque fosse stata quella creatura.

Aprì la porta a calci e prima di entrare nella stanza si fermò, in posizione eretta delimitando una semplice figura snella dotata di camice. Si avvicinò piano e mi resi conto che in mano aveva una sega.

Non ci volle molto tempo per capirlo, voleva sperimentare un qualcosa di nuovo, scintillante con me, su di me. Urlai, mi dimenai ma inutilmente. La figura non disse una parola e prese un laccio emostatico marcio come un pezzo di legno abbandonato in una foresta da mesi, anni. Me lo legò alla coscia stretto per alcuni minuti che sembravano interminabili e la coscia divenne violacea. La figura si girò e mi avvicinò agl’occhi una siringa che pensavo volesse conficcarmi nella gamba e invece mi iniettò il liquido al suo interno in entrambi gli occhi ripetutamente. Urlai come non avevo mai fatto. Diventai ceca.

Mi versò l’acido verde sulla pancia corrodendomi le ossa e con molta rudezza mi girò sulla schiena. Dal rumore sembrava stesse affilando un lungo coltello da cucina e confermai la mia ipotesi sulla schiena. Mi segnò le costole con l’arma fino a trafiggermi entrambi i polmoni. Cessai di urlare.

Mi prese le mani e cominciò a tagliarmi le dita con le sporche e rudi forbici arrugginite che con molta probabilità aveva preso dal vassoio di prima. Mi sentii le ossa frantumare su una superficie ruvida e sentivo i capillari rotti. Stavo morendo dal dolore, eppure ero ancora in mano a quel maniaco del dolore.

Se ne andò.

Mi girai tremando a destra e a sinistra con la testa, sentivo solamente il sangue colare su tutto il mio corpo, come se stessi facendo una doccia. Sentivo correre fiumi di sangue sul mio corpo e le lacrime avevano ormai preso il sapore del sangue.

Tornò. Non era ancora finita.

Affilò due coltelli e mi trafisse la gamba viola del laccio emostatico. Non resistevo, eppure ero ancora in balia di quel lancinante dolore. Sopravvissi e restai in quel lettino per altre 8 ore e quando decedetti, l’artefice della mia morte mi tagliò a pezzi e cominciò a spremerli dentro un secchio. 2 litri, 2 secchi.

Li bevve e vomitò lo stomaco che aveva ricoperto di larve. Infine prese la siringa e si iniettò nelle vene il poco sangue che rimase.

Morì dopo poco.


Pigs blood