Creepypasta Italia Wiki
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Fu una luce accecante a risvegliarla. Un flash silenzioso, abbagliante e doloroso come un foglio di carta che ferisce un polpastrello. Era in trappola, e lo sapeva. Sospirò, poi il suo fiato si trasformò in un rantolo spossato, in un grugnito sordo da animale braccato, prima di graffiare le sue corde vocali secche e diventare uno stridulo grido di rabbia impaziente. Ora era in piedi, guardava le telecamere che la fissavano da tutti e quattro gli angoli della stanza, sentiva i loro sguardi meccanici penetrarle la carne, era sconfitta, condannata, sulla lingua secca un sapore metallico, sputò un grumo di sangue. Guardò intensamente quella macchia rossastra che violentava il pavimento candido, e per un attimo provò un piacere selvaggio. Poi tornò il bianco, nuovamente lucido e incontaminato. La bocca le si allargò sottile sul volto, nulla era cambiato.

Guardò il suo riflesso sullo schermo davanti a lei, non aveva graffi ne' lividi. La sua figura allungata, i suoi capelli scuri, i suoi occhi castani: tutto era a posto. Non aveva cicatrici, non aveva imperfezioni. Si passò le mani sulle braccia, le ferite potevano essere invisibili, ma sentiva le croste ruvide dei tagli che aveva sulle braccia. La sua lingua passò in uno spazio vuoto tra un incisivo e un canino... sorrise allo schermo e il suo dente mancante era lì, immacolato. Improvvisamente, una lampada rossa sullo schermo cominciò a lampeggiare. Era decisamente troppo presto, troppo. Lei non era pronta, non voleva. Ecco il primo ordine, la scritta si stava già formando sullo schermo. Provò a chiudere gli occhi, ma le lettere le si imprimevano sulle palpebre, non poteva nascondersi.

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Ecco che lo sfondo prendeva vita, la stanza si trasformava. Innumerevoli bracci meccanici sbucarono dalle pareti, dal pavimento, dal soffitto, comparivano panchine,lampioni. Fredde dita le infilavano a forza vestiti ruvidi, le truccavano il viso e le pettinavano i capelli. Venne scaraventata su una panchina scrostata e arrugginita, la gonna di lana spessa le faceva prudere le gambe. In mano, un bibitone bollente che del caffè aveva solo il colore, gli odori tanto non si sentono. Le pareti attorno a lei ora non erano più candide: mostravano alberi, persone che correvano o passeggiavano. Bambini che davano da mangiare ai piccioni. Era Central Park. Lo aveva riconosciuto subito, era una delle consegne più richieste. Dalla parete-schermo davanti a lei, l'unica che era rimasta priva di immagini, ora proveniva un altro ordine: SMILE :) .

No. Strinse i denti. La scritta la guardava, paziente. No. Contrasse la mandibola. SMILE :) . NO. Fili invisibili le tiravano le guance e la bocca. No. Sentiva che le tagliavano le labbra. Sorrise.

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